Quale regolamento può contenere clausole limitative dei diritti dei condomini? Quali sono le clausole del regolamento di condominio che devono essere trascritte?
14/04/2020
Il regolamento di condominio
Si suole distinguere tra regolamento assembleare e regolamento contrattuale e tale distinzione può incidere anche sulla così detta trascrizione, che è soggetta a ben precise regole, come si desume dalla sentenza n. 3508 del 18 febbraio 2020 resa dal Tribunale di Roma.
Il regolamento assembleare è deliberato in sede di riunione del condominio (da qui la sua definizione) con il voto espresso dalla maggioranza degli intervenuti che rappresentano almeno la metà del valore dell’edificio (art. 1136, secondo comma, c.c.).
Anche se si è in seconda convocazione, occorre sempre il rispetto di questo quorum deliberativo altrimenti l’approvazione del regolamento è annullabile (art. 1137 c.c.).
Esso, poiché è assunto sulla base della sola maggioranza, non può dettare disposizioni diverse da quelle codicistiche né limitare i diritti del condomini.
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Il regolamento è invece contrattuale quando viene formato unilateralmente dal costruttore, proprietario dell’intero palazzo. Sino al momento in cui non vende il primo alloggio non si è ancora in una fattispecie condominiale, dove il requisito minimo è la presenza di due soggetti titolari di almeno due unità immobiliari diverse. Quando il costruttore vende il primo appartamento, da lì si crea di fatto il condominio. La sua nascita è automatica, dal momento della compravendita dell’alloggio.
In questa sede il costruttore-venditore può decidere di redigere il regolamento dello stabile, a cui i singoli acquirenti degli alloggi costituenti il condominio si vincolano in sede di conclusione del proprio contratto di compravendita con l’espressa indicazione e approvazione del regolamento.
La formazione di questo regolamento può essere anche data dall’approvazione dell’assemblea all’unanimità da tutti i condomini, sebbene nella prassi siano casi piuttosto rari.
Si parla di regolamento contrattuale in ragione dell’accordo delle parti tipico -appunto- del contratto: tutti prestano il consenso al regolamento; questo è un accordo tra la collettività degli abitanti dell’edificio.
Clausole limitative
Poiché vi è l’unanimità del consenso da parte di tutti i condomini, il regolamento contrattuale può prevedere clausole con cui si limitano in qualche modo le proprietà esclusive o l’uso dei beni e servizi del condominio ovvero che prevedono una particolare disciplina di base diversa da quella codicistica.
L’unico limite che incontra anche il regolamento contrattuale è dato dalle disposizioni inderogabili, come ad esempio il necessario rispetto delle maggioranze costitutive e deliberative richieste all’assemblea.
Vista la totalità dell’assenso, può avere ad oggetto materie attinenti alle singole proprietà esclusive o dei beni comuni, le cui limitazioni sono vietate per il regolamento assembleare, essendo quest’ultimo assunto a maggioranza. Si tratta dei c.d. oneri reali, obbligazioni propter rem , ed anche servitù reciproche .
Naturalmente queste clausole, per essere valide, necessitano della forma scritta trattandosi di vincoli o limiti -normalmente servitù- ai diritti reali su beni immobili.
Se viene costituita ad esempio una servitù di passaggio su una certa parte comune del condominio, come può essere il ballatoio comune, i condomini sono soggetti passivi di questo vincolo: il diritto di passare, per poter valere, necessita dell’assenso di tutti manifestato in un accordo scritto.
Poiché è tale il regolamento contrattuale, in questo modo si è creato validamente il vincolo reale a carico dei condomini.
Affinchè il vincolo abbia valore anche nei confronti degli aventi causa dei primi condomini, occorre che la relativa clausola del regolamento sia stata fatta oggetto di trascrizione, con apposita nota .
Non è sufficiente indicare nella nota di trascrizione che si tratta di atto di compravendita perchè senza la nota relativa alla servitù, questa non ha valore nei confronti dei terzi.
Quanto sin qui detto ha trovato puntuale applicazione nella fattispecie decisa dal Tribunale di Roma del 18 febbraio 2020.
=> Opponibilità delle clausole del regolamento di condominio: il caso del bed & breakfast
Trascrizione del regolamento di condominio, il caso deciso dal Trib. Roma 18 febbraio 2020
Nel caso di specie un condomino cita in giudizio sia la proprietaria, sia la conduttrice ad uso commerciale di unità immobiliare sita in condominio, affermando che le convenute erano contravvenute a due clausole del regolamento dell’edificio, l’una che permetteva l’uso della chiostrina ai soli condomini e l’altra per il divieto di occupare momentaneamente le aree comuni, lamentando che la conduttrice aveva installato un condizionatore nella chiostrina che arrivava sino allo spazio comune sotto la finestra dell’immobile locato.
Il Tribunale ha concluso per l’inopponibilità della clausole del regolamento stante l’assenza della menzione del regolamento nel contratto ed altresì il difetto della specifica nota di trascrizione.
Si riporta la motivazione della sentenza: “Invero le clausole regolamentari quali quelle invocate dal Condominio, ponendo dei limiti all’utilizzo dei beni di proprietà comune, incidono sui diritti dei singoli condomini.
Invero per un verso (v. art. 2 e 2 bis) restringono i diritti di taluni condomini in ordine a parti che indubbiamente devono considerarsi, a mente dell’art. 1117 cc, comuni anche alla convenuta posto che la chiostrina serve invero per dare luce ed aria anche all’immobile della (…) (donde nessun ‘condominio parziale’ è invocabile), mentre per altro verso (v. art. 5) limitano l’uso dei beni condominiali vietando l’apposizione sugli stessi anche di cose mobili.
Donde, per essere opponibili, devono essere approvate da tutti i condomini in quanto hanno valore negoziale.
Le clausole suddette, che restringono i poteri e le facoltà sulle proprietà esclusive o comuni e che sono intese a creare vincoli anche per gli aventi causa delle parti originarie, non sono nulle per la violazione del numero chiuso delle obbligazioni reali poiché (tali clausole) non costituiscono obbligazioni propter rem (che si esauriscono nelle specie espressamente previste dalla legge) ma integrano servitù reciproche atipiche consistenti fra l’altro nell’assoggettare ad un criterio diverso da quello legale il riparto delle spese.
Ed il fatto che dette clausole costituiscano vincoli obbligatori non determina, come detto, la nullità delle stesse trattandosi, appunto, di servitù reciproche come affermato da condivisibile recente giurisprudenza di legittimità (Cass. 21024/16, Cass. 14898/13, Cass. 6769/18 e Cass. 1064/11).
Dal rilievo che i limiti negoziali alla destinazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva devono essere ricompresi nell’ambito delle servitù segue che, per poter utilmente opporre dette clausole ai nuovi titolari del bene ove il regolamento stesso non sia richiamato, con adesione, nell’atto di acquisto (o comunque sia stato espressamente oggetto di approvazione da parte del soggetto cui è imputata la violazione), non è sufficiente la trascrizione del regolamento come atto unitario ma è necessario che, nella relativa nota, sia fatta specifica menzione della servitù.
=> I limiti alla proprietà privata imposti dal regolamento contrattuale
Invero in materia di costituzione di servitù, la trascrizione (richiesta dall’art. 2643 n. 4 cc) non adempie ad una funzione costitutiva ma serve a rendere opponibile il diritto ai terzi i quali abbiano acquistato un diritto reale incompatibile con la servitù medesima.
E, quindi, perché la trascrizione possa rispondere al suo scopo di dare conoscenza ai terzi dell’avvenuta costituzione della servitù, è necessario che la conoscenza possa essere acquisita attraverso il semplice esame dei registri immobiliari perché soltanto quelle parti della nota che menzionano la servitù sono rese pubbliche ed i terzi solo a queste debbono attenersi: la trascrizione di un atto di trasferimento della proprietà senza che sia fatta in esso menzione delle servitù contestualmente costituite a favore dell’immobile trasferito non conferisce a questa alcuna pubblicità e non la rende opponibile ai terzi successivi acquirenti del fondo servente tranne nel caso in cui la servitù sia stata portata a loro conoscenza nei rispettivi atti di trasferimento (Cass. 5626/85 e Cass. 5158/03).
Con la precisazione che, poichè l’art. 17 della legge 52/85 prevede che ciascuna nota di trascrizione non può riguardare più di un negozio giuridico o convenzione oggetto dell’atto di cui si chiede la trascrizione e poiché il successivo art. 18 dispone che il conservatore ‘non può ricevere le note di trascrizione non conformi alle disposizioni del precedente articolo, affinchè la pubblicità operi è necessario che il negozio fatto valere sia stato autonomamente trascritto (se l’atto ne contenga più di uno) con la specifica indicazione del fondo servente e di quello dominante perché altrimenti dai registri i terzi interessati non sono in condizione di verificarne l’esistenza (Cass. 17491/14) “.
Trascrizione del regolamento di condominio, la conclusione del caso di specie
Nel caso di specie, la condomina proprietaria dell’unità immobiliare condotta in locazione nel condominio aveva acquistato da precedente condomino.
In merito l’attore non ha dimostrato che questo contratto conteneva le clausole del regolamento contrattuale o un loro richiamo, non avendo prodotto il contratto in questione.
L’attore non ha neppure provato la sussistenza della nota di trascrizione delle clausole limitative dei diritti in questione.
La trascrizione non rileva per i soli partecipanti, che hanno approvato il regolamento, ovvero quando le clausole sono espressamente contemplate nei singoli atti d’acquisto: in questo caso, il vincolo scaturisce non dalla opponibilità, ma immediatamente dalla accettazione (convenzionale).
Tale non era la condomina convenuta, non essendo stata la prima condomina proprietaria dell’unità immobiliare condotta in locazione.
La conclusione della fattispecie in esame è che le clausole del regolamento non sono opponibili ai terzi quali devono essere ritenute la convenuta proprietaria e la convenuta conduttrice per effetto del contratto di locazione.
La mancata trascrizione di un atto, quale fatto impeditivo dell’opponibilità dello stesso, integra un’eccezione in senso lato non subordinata alla specifica allegazione di parte con la conseguenza che può, pertanto, essere rilevata anche d’ufficio (Cass. 6769/18).
Ed infatti il Tribunale di Roma così ha concluso senza che fosse stata sollevata la specifica eccezione da parte delle convenute.
Infine “va ricordato che l’art. 2659, comma 1, n. 2, c.c., secondo cui nella nota di trascrizione devono essere indicati il titolo di cui si richiede la trascrizione e la data del medesimo, va interpretato in collegamento con il successivo art. 2655 il quale stabilisce che l’omissione o l’inesattezza delle indicazioni richieste nella nota non nuoce alla validità della trascrizione eccetto che induca incertezza sulle persone, sul bene o sul rapporto giuridico a cui si riferisce l’atto.Ne consegue che dalla nota deve risultare non solo l’atto in forza del quale si domanda la trascrizione ma anche il mutamento giuridico, oggetto precipuo della trascrizione stessa, che quell’atto produce in relazione al bene.Pertanto, in caso di regolamento di condominio c.d. contrattuale, non basta indicare il medesimo ma occorre indicare le clausole di esso incidenti in senso limitativo sui diritti dei condomini sui beni condominiali o sui beni di proprietà esclusiva (Cass. 15 dicembre 1986 n. 7515)” (Cass. 31 luglio 2014 n. 17493).
=> Trascrizione del regolamento condominiale contrattuale, quando serve e cosa fare
Fonte: https://www.condominioweb.com/trascrizione-del-regolamento-di-condominio-come-va-