La norma di riferimento: l’art. 896 c.c.
L’art. 896 c.c. infatti dispone che “Quegli sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino può in qualunque tempo costringerlo a tagliarli, e può egli stesso tagliare le radici che si addentrano nel suo fondo, salvi però in ambedue i casi i regolamenti e gli usi locali.
Se gli usi locali non dispongono diversamente, i frutti naturalmente caduti dai rami protesi sul fondo del vicino appartengono al proprietario del fondo su cui sono caduti.
Se a norma degli usi locali i frutti appartengono al proprietario dell’albero, per la raccolta di essi si applica il disposto dell’articolo 843.
Questa disposizione permette al soggetto passivo dell’invasione di ottenere che il vicino tagli i rami dei suoi alberi invasori ovvero può egli stesso procedervi per la parte relativa all’invasione. Si fanno comunque salve eventuali norme in ambito di regolamenti e usi locali.
La responsabilità penale dell’amministratore di condominio
I principi affermati dal Trib. Velletri 3 novembre 2021, n. 1976
Il pericolo di causazione di danni dalle piante che invadono il confine è oggetto della norma di cui all’art. 896 c.c. perché rende lecita l’attività del proprietario del fondo vicino di procedere direttamente al taglio delle radici senza fare ricorso all’autorità giudiziaria. L’art. 896 c.c. infatti non fa alcun rimando all’autorità giudiziaria per la soluzione di questa problematica, dettando invece che sia proprio il soggetto passivo a procedervi, aggiungiamo noi in via cautelativa, se il proprietario non vi provvede.
Si tratta di diritto imprescrittibile. Da qui il tribunale evidenzia un passaggio importante: la servitù di far addentrare radici nel fondo altrui non può essere acquisita per usucapione (vedi Cass. 12/14632).
Nel caso concreto osserva che l’attrice era ed è nella facoltà di procedere in via autonoma e diretta al taglio delle radici che si protendono sul proprio fondo. Questa facoltà sottolinea la infondatezza della domanda relativamente al taglio della pianta in quanto misura non prevista dalla normativa e la carenza di interesse con riguardo alla condanna del convenuto al taglio delle radici perché può provvedere in via diretta l’attrice.
Se si legge attentamente la norma in esame, non si parla infatti di taglio della pianta ma di tagliarne i rami o le radici ove invadano la proprietà del vicino. Correttamente quindi la domanda del taglio della pianta non poteva trovare accoglimento.
In passato il Supremo Collegio (Cass. 19.06.2014, n. 14008) ha osservato che la possibilità, per il proprietario del fondo vicino, di costringere “in qualunque tempo” il proprietario del fondo in cui l’albero è impiantato a recidere i rami pendenti, costituisce tutela della proprietà individuale, per cui il proprietario del fondo ha diritto di ottenere dal giudice ordinario la recisione dei rami del vicino che si protendono nella sua proprietà, restando comunque assicurati a protezione del paesaggio i rimedi, da chiunque azionabili, previsti dalla legislazione di settore per la tutela del paesaggio.
Se, dunque, tale limite non venga rispettato, il comportamento del dominus non può che rilevare sotto il profilo dell’abuso del diritto, in conseguenza del quale nasce immediatamente a suo carico un obbligo di rimozione, che incombe sul dominus non in quanto tale, ma quale autore di un illecito extracontrattuale (art. 2043 c.c.).
Posso potare i rami del condomino vicino che invadono il mio giardino?
Il ristoro dei danni causati dalle radici delle piante può non essere ottenuto
Sempre nella fattispecie posta all’esame del tribunale di Velletri, l’attrice aveva affermato che le radici della pianta del vicino avevano creato danni, di cui chiedeva il conseguente ristoro.
Anche questa richiesta ha visto il rigetto da parte dell’autorità giudiziaria perché ha osservato che è evidente che il pregiudizio è stato causato dal mancato tempestivo esercizio della facoltà di taglio da parte della attrice delle radici della pianta posta a confine, per cui la domanda risarcitoria va ritenuta infondata ai sensi del secondo comma dell’art. 1227 c.c.
Recisione radici alberi e piante cosa fare
Non usucapibilità del diritto
Affronta infine il tema dell’usucapione del diritto di tenere sul confine la pianta a distanza inferiore di quella di legge formulata da parte convenuta.
Osserva il tribunale che la domanda attorea non ha ad oggetto la questione della violazione delle distanze legali dell’albero dal confine, ma si limita esclusivamente a chiedere il taglio della pianta in considerazione della nocività delle radici.
Pertanto, la domanda di natura petitoria relativa all’albero posto a confine non ha connessione per petitum e causa petendi con quella di cui all’art. 896 c.c.
Da ultimo, non esiste alcuna usucapibilità della servitù di far addentrare le radici sul fondo del vicino, atteso che costui può in ogni momento procedere al taglio tramite l’esercizio di una facoltà imprescrittibile.
Come affermato in precedenza, il diritto di fare protendere i rami degli alberi del proprio fondo in quello confinante non può essere acquistato per usucapione perché l’art. 896 c.c. implicitamente lo esclude, riconoscendo espressamente al proprietario del fondo sul quale i rami si protendono il potere di costringere il vicino a tagliarli in qualunque tempo (Cass. II, 27/03/2002, n.4361).
Sentenza
Scarica Tribunale di Velletri n. 1976 del 03/11/2021