Spese per lavori straordinari e acquirente non condomino nel momento in cui è sorta l’obbligazione: la vicenda
I precetti erano stati intimati in forza di un lodo arbitrale, reso esecutivo, che aveva accertato il credito dell’impresa nei confronti del Condominio per i lavori di manutenzione straordinaria sulle parti comuni dell’edificio condominiale, deliberati e commissionati nell’anno 1991 e terminati nell’anno 1994.
L’intimazione di pagamento era stata indirizzata nei confronti di un condomino, nei limiti della sua quota millesimale di debito, per avere acquistato un appartamento facente parte dell’edificio.
Il condomino proponeva opposizione nei confronti dei due precetti perché, a detta sua, il titolo non le era opponibile ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c., dovendone rispondere il condomino proprietario nel 1991 e nel 1994, rispettivamente date della commessa e dell’ultimazione delle opere.
Il tribunale rigettava l’opposizione in ragione della natura ambulatoria dell’obbligazione che ricadeva sui proprietari degli appartamenti del Condominio attuali.
In proposito, confermava ce la precedente proprietaria era estranea, sul piano temporale, alla ripartizione dei contributi condominiali regolata dall’art. 63 disp. att. c.c., norma che si riferiva al credito del condominio verso I singoli condòmini, ma era tenuta nei confronti del terzo creditore del condominio, il quale poteva agire sul patrimonio dei singoli condòmini.
La responsabilità penale dell’amministratore di condominio
Proposto il gravame, la Corte d’appello di Salerno rigettava l’appello e conferma va la sentenza impugnata.
Alla base della sua decisione, vi sono articolati ragionamenti in quanto il Giudice osservava a) che le obbligazioni dei condòmini di concorrere nelle spese per la conservazione delle parti comuni dovevano considerarsi obbligazioni propter rem poiché nascevano come conseguenza della contitolarità del diritto sulle cose, sugli impianti e sui servizi comuni; b) che alle spese per la conservazione delle cose comuni i condòmini erano obbligati in virtù del diritto di comproprietà su tali parti, accessorie ai piani o alle porzioni di piano in proprietà esclusiva, con la conseguenza che tali obbligazioni seguivano il diritto e si trasferivano per effetto della trasmissione della proprietà esclusiva; c) che nei rapporti tra terzo creditore e singolo condomino il principio di ambulatorietà passiva operava in modo pieno e incondizionato, mentre nell’ambito dei rapporti interni tra condòmini succeduti nella titolarità del diritto di proprietà esclusiva sui piani o porzioni di piano operava il principio generale della personalità delle obbligazioni condominiali; d) che, in virtù del principio di ambulatorietà passiva, l’acquirente chiamato a rispondere delle obbligazioni condominiali verso il terzo creditore, sorte in epoca anteriore all’acquisto, aveva diritto a rivalersi nei confronti del suo dante causa, ma non poteva opporre tale rapporto al terzo; e) che, quindi, la pretesa creditoria azionata con i precetti opposti era fondata, potendo la precettata rivalersi nei confronti del suo dante causa.
I dictat del Supremo Collegio
Si arriva in sede di Suprema Corte con un solo motivo di impugnazione a cui gli altri resistono.
La ricorrente denuncia la Corte d’appello per aver ritenuto la natura ambulatoria dell’obbligazione del condomino verso il terzo creditore, con la conseguente ritenuta inapplicabilità della limitazione temporale prevista per il pagamento dei contributi condominiali.
Sul punto, si afferma che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente escluso l’operatività della delimitazione temporale di cui all’art. 63 disp. att. c.c. (per l’anno in corso e per quello precedente) con riferimento alla facoltà del terzo creditore di escutere il condomino, quale titolare attuale del diritto reale.
La Suprema Corte, riprendendo il tema, afferma che non può essere obbligato in via diretta verso il terzo creditore, neppure per il tramite del vincolo solidale di cui all’art. 63, secondo comma, disp. att. c.c. (ora di cui all’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c.), chi non fosse condomino al momento in cui sia insorto l’obbligo di partecipazione alle relative spese condominiali, nella specie per l’esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione sulle parti comuni, ossia alla data di approvazione della delibera assembleare inerente a tali lavori (Cass. Sez. 6- 2, Ordinanza n. 12580 del 25/06/ 2020; Sez. 6- 2, Ordinanza n. 1847 del 25/01/ 2018).
In base all’attuale dettato dell’art. 63, secondo comma, disp. att. c.c., in applicazione del principio di parziarietà delle obbligazioni condominiali, il terzo creditore può agire nei soli confronti dei condòmini morosi e – solo dopo l’escussione di quest’ultimi- verso gli obbligati in regola con i pagamenti, sull’implicito presupposto che tali soggetti siano condòmini nel momento in cui il credito è insorto.
La proprietà esclusiva degli immobili, al momento in cui ha avuto genesi il rapporto obbligatorio tra il terzo e il condominio, è, infatti, un elemento costitutivo dell’obbligazione dei condòmini.
Da questo rilievo deriva che l’obbligazione dei condòmini di concorrere, secondo le proprie quote, al debito contratto dal condominio verso i terzi non è una obligatio propter rem, connotata dal requisito dell’ambulatorietà: essa postula l’effettiva qualità di condomino nel momento in cui il rapporto tra il condominio e il terzo si è originato, qualità che ha valenza costitutiva dell’obbligazione e che, quindi, impedisce che l’obbligazione si trasmetta, secondo il diritto di sequela, agli aventi causa dei condòmini che abbiano acquistato successivamente la proprietà esclusiva dei piani o porzioni di piano facenti parte del condominio.
Solo con riferimento ai rapporti interni tra condòmini è stabilito un vincolo solidale, peraltro circoscritto nel tempo, che – ai fini che qui interessano- suffraga la ricostruzione secondo cui non si ricade nell’ambito delle obbligazioni reali.
Ora, il rapporto “interno” e il rapporto “esterno” sono del tutto autonomi. Infatti, in tema di spese per la conservazione delle parti comuni, l’obbligo del singolo partecipante di sostenere le spese condominiali, da un lato, e le vicende debitorie del condominio verso i suoi appaltatori o fornitori, dall’altro, restano del tutto indipendenti, il primo fondandosi sulle norme che regolano il regime di contribuzione alle spese per le cose comuni (artt. 1118 e 1123 ss. c.c.), le seconde trovando causa nel rapporto contrattuale col terzo, approvato dall’assemblea e concluso dall’amministratore in rappresentanza dei partecipanti al condominio (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10371 del 20/04/ 2021).
In merito ai rapporti esterni, il terzo creditore non può agire verso gli acquirenti che diventano condòmini dopo che il credito verso il condominio è insorto, in forza dell’art. 1104, terzo comma, c.c.
L’assunto dell’impugnata sentenza contrasta col tenore letterale della disposizione dettata dall’art. 1104, terzo comma, c.c., che si riferisce ai “contributi” dovuti e non versati.
Senonché equiparare, ai fini della responsabilità del cessionario di un’unità condominiale, la nozione di “contributi” con quella di quota millesimale del credito vantato dal terzo nei confronti della comunione contrasta con il canone ermeneutico, fissato nell’art. 12 delle preleggi, del significato proprio delle parole; il debito per “contributi” è, infatti, per definizione, un debito nei confronti degli altri comunisti, non un debito nei confronti dei terzi.
Quindi, dei debiti condominiali verso i terzi rispondono solo i condòmini che siano tali nel momento in cui il rapporto obbligatorio ha avuto origine.
In base all’attuale dettato dell’art. 63, secondo comma, disp. att. c.c. (norma non inerente alla fattispecie per difetto delle condizioni da essa previste), in applicazione del principio di parziarietà delle obbligazioni condominiali, il terzo creditore può agire nei soli confronti dei condòmini morosi e – solo dopo l’escussione di quest’ultimi- verso gli obbligati in regola con i pagamenti sull’implicito presupposto che tali soggetti siano condòmini nel momento in cui il credito è insorto.
La proprietà esclusiva degli immobili, al momento in cui ha avuto genesi il rapporto obbligatorio tra il terzo e il condominio, è, infatti, un elemento costitutivo dell’obbligazione dei condòmini.
Da questo rilievo deriva che l’obbligazione dei condòmini di concorrere, secondo le proprie quote, al debito contratto dal condominio verso i terzi non è una obligatio propter rem, connotata dal requisite dell’ambulatorietà, appunto perché essa postula l’effettiva qualità di condomino nel momento in cui il rapporto tra il condominio e il terzo si è originato, qualità che ha valenza costitutiva dell’obbligazione e che, quindi, impedisce che l’obbligazione si trasmetta, secondo il diritto di sequela, agli aventi causa dei condòmini che abbiano acquistato successivamente la proprietà esclusiva dei piani o porzioni di piano facenti parte del condominio.
Solo con riferimento ai rapporti interni tra condòmini è stabilito un vincolo solidale, peraltro circoscritto nel tempo, come detta la norma.
Quindi quanto ai crediti per i lavori di manutenzione delle parti comuni dell’edificio condominiale, secondo i precedenti di questa Corte (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 11199 del 28/04/ 2021; Sez. 6-2, Ordinanza n. 18793 del 10/09/ 2020; Sez. 2, Sentenza n. 24654 del 03/12/ 2010), opera la seguente distinzione:
a) spese necessarie alla manutenzione ordinaria, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi nell’interesse comune;
b) spese attinenti a lavori che comportino una innovazione o che, seppure diretti alla migliore utilizzazione delle cose comuni od imposti da una nuova normativa, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere rilevante, superiore a quello inerente alla manutenzione ordinaria dell’edificio.
Tale distinzione concerne l’individuazione del momento in cui nasce l’obbligazione condominiale, che, per le spese sub a), coincide con il compimento effettivo dell’attività gestionale mentre, per le spese sub b), coincide con la data di approvazione della delibera condominiale (avente valore costitutivo) che dispone l’esecuzione degli interventi.
Ma, in entrambi i casi, il soggetto su cui grava il debito è colui che partecipa al condominio nel momento di insorgenza dell’obbligazione, quale che sia tale momento.
Infine si ricordi che, in tema di spese per la conservazione delle parti comuni, l’obbligo del singolo partecipante di sostenere le spese condominiali, da un lato, e le vicende debitorie del condominio verso i suoi appaltatori o fornitori, dall’altro, restano del tutto indipendenti, il primo fondandosi sulle norme che regolano il regime di contribuzione alle spese per le cose comuni (artt. 1118 e 1123 ss. c.c.), le seconde trovando causa nel rapporto contrattuale col terzo, approvato dall’assemblea e 6 concluso dall’amministratore in rappresentanza dei partecipanti al condominio (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10371 del 20/04/ 2021).