La nuova mediazione alla luce del c.d. Decreto del fare e la mediazione condominiale

Il presente lavoro intende analizzare l’istituto della mediazione, nuovamente introdotta dal D. L. 21 giugno 2013, n. 69, a far data dal 21 luglio 2013, rubricato “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale del 21 giugno 2013 n.144 – Suppl. Ordinario n. 50, c.d. Decreto del Fare.

L’analisi è volta a evidenziare, seppur sommariamente, le novità introdotte da questo provvedimento legislativo in termini di procedimento di mediazione.

L’intervento normativo ha un certo impatto sull’istituto della procedura alternativa, sebbene possa non risultare così chiaramente a una sua veloce lettura, stanti i numerosi contenuti del Decreto.

Così è per esempio per la mediazione delegata, che a seguito della novella, assume valore uguale alla mediazione obbligatoria; così è per la presenza dell’avvocato in mediazione e per la sua “iscrizione di diritto” quale mediatore.

La nuova mediazione, diversamente dalle altre disposizioni di cui al D. L. 69/2013 (che sono operative a far data dal 22 giugno 2013), entrano in vigore a far data dal 21 luglio 2013.

Per quanto concerne la mediazione condominiale occorre inoltre prestare attenzione alla Riforma del Condominio, di cui alla L. 11 dicembre 2012, n. 220 (rubricata “Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 17 dicembre 2012, n. 293).

Si tratta di una vera e propria novella ha radicalmente modificato l’istituto del condominio prevedendo, tra le altre cose, le modalità operative della presenza e della partecipazione dell’edificio in sede di mediazione.

La norma in questione è l’art. 71 quater disp. Att. C.c., norma che deve essere coordinata con la nuova mediazione di cui al D. L. 69/2013.

Il coordinamento normativo è dato principalmente dalla necessità di equilibrare i tempi tecnici del procedimento di mediazione con le tempistiche necessarie al condominio per convocare l’assemblea onde decidere se partecipare alla procedura mediaconciliativa (vedasi gli artt. 8 del D. Lgs. 28.2010 e l’art. 71 quater disp. Att. c.c.).

Lo stesso dicasi per l’eventualità che il mediatore formuli una proposta conciliativa alle parti. Il procedimento di mediazione prescrive che la mancata risposta entro sette giorni dalla sua formulazione deve essere inteso come rifiuto della proposta.

Per il condominio risulta –tendenzialmente- impossibile poter rispettare questo termine, dovendo essere convocata l’assemblea ex art. 66 disp. Att. c.c., con il rispetto del termine per la sua convocazione, termine che non può essere inferiore a cinque giorni, onde poter deliberare in merito. Da quanto detto consegue la possibilità di prorogare il termine per accettare la proposta del mediatore al fine di permettere all’edificio di poter esprimere la sua volontà al riguardo (come detto, alla luce del disposto dell’art. 71 quater disp. Att. c.c.).

INDICE

CAPITOLO I

  1. La mediazione ex D. L. 69/2013
  2. La mediazione e le materie escluse
  3. L’avvocato nella mediazione
  4. Il nuovo procedimento di mediazione
  5. La parificazione della mediazione delegata a quella obbligatoria
  6. Le novità della mediazione delegata
  7. La mediazione condominiale

CAPITOLO II: LA MEDIAZIONE CONDOMINIALE

  1. Premessa: La storia della mediazione in condominio
  2. Le cause condominiali e la mediazione
  3. Il condominio in mediazione

CAPITOLO I

1. LA MEDIAZIONE EX D. L. 69/2013

Com’è noto, la mediazione ex D. Lgs. 28.2010 ha visto un periodo di arresto in ragione della decisione della Corte Costituzionale del 23 ottobre 2012, n. 272.

La Consulta, con questo provvedimento, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della normativa della mediazione (D. Lgs. 28/2010) per eccesso di delega nell’emanazione del testo normativo da parte del Governo rispetto alla legge delegata, normativa che non prevedeva l’obbligo della mediaconciliazione.

La conseguenza è stata l’esclusione dell’obbligo del procedimento alternativo per tutte le fattispecie obbligatorie sancite dall’art. 5 comma 1 del D. Lgs. 28.2010, tra cui anche il condominio.

Il D. L. 69/2013, c.d. Decreto del Fare, introduce nuovamente l’istituto della mediazione, apportando alcune modifiche alle precedenti disposizioni.

Esso, per questa parte, entrerà in vigore trascorsi trenta giorni dall’entratta in viogre della legge di conversione (art. 84, ultimo comma, D. L. 69/2013).

Le principali novità, seguendo il testo normativo, sono le seguenti:

  • L’esclusione del risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti dalle fattispecie obbligatorie (art. 5, comma 1, del D. Lgs. 28.2010);
  • nelle controversie non soggette all’obbligo della mediazione, l’allegazione -da parte dell’avvvocato- all’atto introduttivo del giudizio, del documento con cui si rende nota la possibilità di agire con la procedura alternativa (art. 4 D. Lgs. 28/2010, modificato),
  • la parificazione della mediazione delegata a quella obbligatoria, in quanto 1) il passaggio in mediazione si qualifica come condizione di procedibilità della prosecuzione del giudizio (art. 5, comma 2, D. Lgs. 28/2010, modificato); 2) il termine del procedimento inizia a decorrere dal deposito della domanda di conciliazione presso l’organismo (art. 6, comma 2, D. Lgs. 28/2010 modificato); 3) l’istituto del gratuito patrocinio nonchè le indennità di mediazione sono le stesse previste per le fattispecie obbligatorie; 4) in generale, si ha l’estensione delle disposizioni della mediazione obbligatoria a quella delegata;
  • sempre nella mediazione delegata, la nomina dell’organismo di mediazione avviene da parte del giudice, escludendo che si tratti di invito alle parti –come invece sancito in precedenza- ad accedere al procedimento alternativo (art. 5, comma 2, D. Lgs. 28/2010, modificato);
  • l’esclusione della mediazione nel caso di procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile (art. 5, ultimo comma, let. b-bis, D. Lgs. 28/2012 modificato), come già affermato dalla giurisprudenza;
  • il primo incontro tra le parti in sede di mediazione è di programmazione, essendo teso alla verifica -da parte del mediatore congiuntamente alle parti- delle possibilità di proseguire il tentativo di mediazione (art. 8, comma 1, D. Lgs. 28/2010 modificato); se in questa sede si accerta che non è possibile raggiungere un accordo bonario, l’indennità di mediazione è previamente definita dal legislatore (art. 17, comma 5 bis, D. Lgs. 28/2010 modificato);
  • accertate le condizioni per una soluzione bonaria in sede di incontro di programmazione, la prima seduta di mediazione vera e propria deve essere fissata non oltre trenta giorni dal deposito della domanda (art. 8, comma 1, D. Lgs. 28/2010 modificato);
  • la durata della procedura è al massimo di tre mesi (art. 6, comma 1, D. Lgs. 28/2010 modificato);
  • come in precedenza, la mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione si qualifica quale circostanza da cui desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, cpc. Inoltre, nei caso di mediazione obbligatoria e di mediazione delegata, il giudice condanna la parte costituita che non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio (art. 8, comma 5, D. Lgs. 28/2010 modificato);
  • le parti devono essere assistite dai propri avvocati se vogliono ottenere l’omologazione del verbale del raggiunto accordo conciliativo (art. 12, comma 1, D. Lgs. 28/2010 modificato);
  • gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori (art. 16, comma 4bis, D. Lgs. 28/2010 modificato).

 

2. LA MEDIAZIONE E LE MATERIE ESCLUSE

Il D. L. 69/2013 ha escluso dalle fattispecie soggette all’obbligo di mediazione il risarcimento dei danni derivanti dalla circolazione di veicoli e natanti, in ragione della specifica normativa sul tema.

Gli artt. 145 e segg. del D. Lgs. 209/2005, c.d. codice assicurazione private (siglabile cod. ass.) prevedono una procedura alternativa al contenzioso, da radicare obbligatoriamente prima dell’instaurazione del giudizio di merito (cfr. Anna Nicola, La mediazione ex D. Lgs. 28/2010 e la circolazione stradale, in Archivio giuridico della circolazione e dei sinistri stradali n. 11/2012, casa editrice La Tribuna).

Il prodromico procedimento bonario si qualifica come condizione di proponibilità dell’azione di risarcimento. Si tratta, in realtà, di un un doppio sistema di richiesta di risarcimento danni, a seconda della fattispecie che viene in esame, il cui iter è specificato dagli artt. 148 e 149 cod. ass.

La prima fattispecie è disciplinata dal primo comma dell’art. 145 c.a., sulla cui base l’azione di risarcimento viene esercitata nei confronti dell’assicurazione del danneggiante (secondo il disposto dell’art. 148 cod. ass.), procedimento definibile come ordinario. La secondo via è quella prevista dal secondo comma del medesimo art. 145 c.a., la cui disciplina è dettagliata dall’art. 149 cod. ass.

Il principio generale (art. 145 cod. ass.) è il seguente: “Nel caso si applichi la procedura di cui all’articolo 148, l’azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, può essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all’impresa di assicurazione il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche se inviata per conoscenza, avendo osservato le modalità ed i contenuti previsti all’articolo 148. Nel caso in cui si applichi la procedura di cui all’articolo 149 l’azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, può essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto alla propria impresa di assicurazione il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, inviata per conoscenza all’impresa di assicurazione dell’altro veicolo coinvolto, avendo osservato le modalità ed i contenuti previsti dagli articoli 149 e 150.”

Inoltre, il D. L. 69/2013 ha previsto tra le procedure non soggette alle mediazione i procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile (introducendo il punto b-bis all’art. 5, comma 4, D. Lgs. 28/2010).

Si tratta di un recepimento della giurisprudenza (Tribunale di Milano, 24 aprile 2012; Tribunale di Varese 21.4.2010).

La ragione dell’esclusione risiede nello scopo di questa tipologia di accertamento tecnico preventivo: non è una misura cautelare in senso stretto, essendo volta a trovare una soluzione amichevole della controversia. Avendo la medesima finalità della mediazione, l’una esclude l’altra.

 

3. L’AVVOCATO NELLA MEDIAZIONE

Il contenuto dell’istanza di mediazione è rimasto invariato.

E’ sufficiente che la parte istante indichi l’oggetto e le ragioni della pretesa, al fine di consentire alle parti di raggiungere un accordo conciliativo (Tribunale di Mantova, ordinanza del 25 giugno 2012). E’ chiaro che più elementi vengono forniti, più si entra nel merito della controversia, più il mediatore riesce a comprendere meglio le posizioni e le pretese delle parti.

Il nuovo art. 12 del D. Lgs. 28.2010 prescrive che ai fini dell’omologazione occorre che il verbale di raggiunto accordo sia sottoscritto dagli avvocati che hanno assistito tutte le parti.

Da ciò consegue che, non potendo conoscere al momento della presentazione della domanda di accesso alla mediazione se si avrà la necessità di omologare il verbale al fine di ottenere il suo adempimento coattivo -in ragione della sua mancata ottemperanza spontanea- la presenza dell’avvocato è necessaria o comunque opportuna sin dall’instaurazione della mediazione.

Il D. L. 69/2013 dispone che gli avvocati iscritti all’albo forense sono di diritto mediatori (art. 16, comma 4bis, D. Lgs. 28.2010 modificato).

L’avvocato che intende essere mediatore di un organismo, attesta la sua qualifica per mezzo del titolo professionale. Ciò significa che acquista ex lege il titolo di mediazione, senza dover partecipare al corso di formazione iniziale.

Stante il tenore letterale della norma, si ritiene che i legali siano comunque tenuti, una volta iscritti a uno o più organismi di mediazione, a partecipare ai corsi di aggiornamento dei mediatori.

L’avvocato a oggi non può istituire sedi secondarie dell’organismo di mediazione, in quanto vietato deontologicamente.

 

4. IL NUOVO PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE

Come in precedenza, la mediazione è condizione di procedibilità per le materie per cui essa ha natura obbligatoria (condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari) e per le controversie in cui il giudice ha disposto la mediazione delegata.

L’art. 5 del D. Lgs. 28/2010, norma rimasta invariata, sancisce che l’improcedibilità ha natura “morbida”, non comportando alcuna decadenza (Cfr. Anna Nicola, La mediazione condominiale, Experta, 2012). Essa deve essere rilevata dalla parte o dal giudice entro la prima udienza.

Superato questa barriera processuale senza che sia stata rilevato il mancato passaggio in mediazione, il relativo vizio è sanato con la prosecuzione del giudizio.

Il D. L. 69/2013 ha introdotto, in sede di procedimento di mediazione, un primo incontro di programmazione, dove il mediatore verifica con le parti le possibilità di proseguire il tentativo di mediazione (art. 8 D. Lgs. 28/2010 modificato).

In questa sede, occorre analizzare la concreta percorribilità della mediazione e la sua reale utilità, verificando le posizioni delle parti e le eventuali reciproche aperture a una soluzione conciliativa. Se ci si avvede dell’inutilità della procedura, la stessa si arresta e l’indennità spettante all’organismo è legislativamente prefissata.

Il nuovo comma 5 bis dell’art. 17 del D. Lgs. 28/2010, come introdotto dal D. L 69/2013, così prevede: “Quando, all’esito del primo incontro di programmazione con il mediatore, il procedimento si conclude con un mancato accordo, l’importo massimo complessivo delle indennita’ di mediazione per ciascuna parte, comprensivo delle spese di avvio del procedimento, e’ di 60 euro, per le liti di valore sino a 1.000 euro; di 100 euro, per le liti di valore sino a 10.000 euro; di 180 euro, per le liti di valore sino a 50.000 euro; di 200 euro, per le liti di valore superiore.

Verificata la volontà transattiva, si va al vero e proprio primo incontro di mediazione che deve essere non oltre trenta giorni dalla chiusura della riunione di programmazione.

Nulla vieta comunque che seppur in sede di primo incontro di programmazione le parti raggiungano già in questa sede un accordo bonario.

In ragione del D. L. 69/2013, la durata del procedimento è pari a tre mesi, in precedenza era sancito in quattro mesi (art. 6 D. Lgs. 28/2010 modificato).

Poiché si tratta di un termine ordinatorio, come già sancito in precedenza, può esserne decisa la proroga per ragioni oggettive, senza incorrere in alcuna sanzione o decadenza.

In ogni caso, al procedimento di mediazione non si applica la sospensione feriale.

Inoltre, il procedimento mediaconciliativo non deve essere calcolato ai fini della ragionevole durata del processo sia per la mediazione obbligatoria, sia per quella delegata (art. 7 D. Lgs. 28/2010 modificato).

La mancata partecipazione senza giustificato motivo alla mediazione obbligatoria e a quella delegata, comporta la pronunzia di condanna giudiziaria al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio (art. 8 ultimo comma D. Lgs. 28/2010 modificato).

Si tratta di principi già affermati dalla giurisprudenza (Trib. Termini Imerese, ordinanza 09.05.2012; Trib. Ostia, 5.7.2012).

Come esposto nel precedente paragrafo, l’avvocato è necessario ai fini dell’omologazione del verbale di avvenuta conciliazione ex art. 12 D. Lgs. 28/2010, come modificato dal D.L. 69/2013 (cfr. § 3).

 

5. LA PARIFICAZIONE DELLA MEDIAZIONE DELEGATA A QUELLA OBBLIGATORIA

Le condizioni per esperire la mediazione delegata sono le medesime sancite in precedenza: occorre valutare la natura della causa, dovendo trattarsi di diritti disponibili; lo stato dell’istruzione, perché la mediazione può essere delegata prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni o della discussione della causa;  il comportamento delle parti, sulla cui base dedurre una volontà transattiva.

A seguito del D. L. 69/2013, l’istituto della mediazione delegata viene parificata a quella obbligatoria.

Come la mediazione obbligatoria, essa vale quale condizione di procedibilità c.d. “morbida” della prosecuzione del giudizio.

Il comma 2 dell’art. 5, del D. Lgs. 28/2010, come modificato dal D. L. 69/2013, fa rimando al primo comma della medesima norma, di cui alla natura “morbida” della condizione di procedibilità della mediazione obbligatoria. Ciò significa che “l‘improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza” (art. 5, com ma 1 D. Lgs. 28/2010). Ove quest’onere non venga adempiuto nella prima udienza successiva alla ripresa della controversia in sede giudiziale, il giudizio prosegue senza soluzione di continuità.

Se in sede di primo incontro di programmazione, come introdotto dal D. L. 69/2013, ci si avvede dell’inutilità della procedura, si applica l’indennità ridotta sancita per la mediazione obbligatoria.

Quanto detto è in ragione del comma 5bis dell’art. 17 del D. lgs. 28/2010, e dell’art. 12, D. Lgs. 28/2010, sulla cui base “… l’importo massimo complessivo delle indennita’ di mediazione per ciascuna parte, comprensivo delle spese di avvio del procedimento, e’ di 60 euro, per le liti di valore sino a 1.000 euro; di 100 euro, per le liti di valore sino a 10.000 euro; di 180 euro, per le liti di valore sino a 50.000 euro; di 200 euro, per le liti di valore superiore.).

Anche alla mediazione delegata non si applica la sospensione feriale e la durata della procedura non è da calcolare ai fini della ragionevole durata del processo (art. 7 D. Lgs. 28/2010 modificato).

Come per la mediazione obbligatoria, il giudice condanna la parte costituita che non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio (art. 8 ultimo comma D. Lgs. 28/2010 modificato).

A seguito dell’entrata in vigore del D. L. 69/2013, le riduzioni delle indennità previste per la procedura obbligatoria e la previsione del gratuito patrocinio si applicano anche alla procedura disposta per ordine del giudice (art. 17 D. Lgs. 28/2010 modificato).

L’ammissione della parte alla procedura a spese dello Stato è per mezzo del deposito presso l’organismo di apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, la cui sottoscrizione può essere autenticata dal medesimo mediatore. Ove richiesto dall’organismo, occorre che la stessa parte produca, a pena di inammissibilità, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di dichiarato.

 

  1. LE NOVITA’ DELLA MEDIAZIONE DELEGATA

Oltre a quanto esposto in merito alla parificazione della mediazione delegata alla mediazione obbligatoria (cfr. precedente §); il D. L. 69/2013 ha introdotto alcune autonome novità in merito all’istituto del procedimento alternativo per disposizione del Giudice.

Di immediato impatto è il contenuto del provvedimento dell’autorità giudiziaria.

Non è più previsto che il Giudice inviti le parti a adire l’organismo di mediazione, essendo il medesimo Giudice non solo a ordinare la mediazione ma anche a indicare l’ente di mediaconciliazione a cui le parti devono rivolgersi.

E’ quindi il Tribunale a scegliere a quale ente le parti devono presentare l’istanza conciliativa.

Anche il termine per l’inizio della mediazione viene assegnato dal Giudice

Esso, per volere legislativo, deve essere pari a quindici giorni dall’emanazione dell’ordinanza.

Poiché si tratta di un termine ordinatorio, se vi sono esigenze delle parti che richiedono un termine più lungo, si ritiene che il Giudice possa concederlo, dietro eventuale presentazione della documentazione giustificativa.

La prosecuzione del giudizio viene ordinata nel medesimo provvedimento che ferma il giudizio ordinario ordinando la parentesi conciliativa.

La controversia riprende dopo la scadenza del termine di tre mesi di durata della mediazione (art. 6 del D. Lgs. 28/2010 come modificato dal D. L. 69/2013), con l’udienza all’uopo fissata dal Giudice nel momento in cui dispone la mediazione e prevista nella medesima ordinanza di rimessione.

Come per le altre tipologie di mediazioni, una volto disposto il passaggio al procedimento alternativo, occorre che sia disposto il previo incontro di programmazione.

Un conto è desumere un’eventuale possibile soluzione bonaria, un conto è verificare la sua reale percorribilità concreta. La prima valutazione è quella del Giudice nel corso del giudizio (entro i termini processuali sopra indicati, quali l’udienza di precisazione delle conclusioni o la discussione della causa) mentre la seconda spetta al mediatore in sede di prima riunione.

La riunione di programmazione permette la verifica delle concrete possibilità di proseguire il tentativo di mediazione per raggiungere una soluzione bonaria concordata (art. 8 D. Lgs. 28/2010 modificato). Il suo esito positivo comporta la prosecuzione del procedimento bonario.

Se invece si verifica l’utilità della prosecuzione della mediazione, la sua durata non deve essere superiore a tre mesi (art. 6 D. Lgs. 28/2010, modificato).

 

CAPITOLO II 

1. PREMESSA: LA STORIA DELLA MEDIAZIONE IN CONDOMINIO 

Il tema del condominio è stato uno degli argomenti di cui più si è sentito il bisogno di modernizzare l’istituto. Il primo disegno di legge sul tema risale al 2001 (Disegno Legge 622 del 2001).

Si è dovuto attendere sino al 2012 per vedere l’attualizzazione della disciplina, con l’intervento di cui alla L. 220/2012  (intitolato “Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”), normativa entrata in vigore dal 18 giugno 2013.

La novella ha introdotto, tra le altre cose, la disciplina sostanziale della mediazione in condominio.

Com’è noto, il condominio è stata una delle fattispecie di cui alla mediazione obbligatoria sulla base del D. Lgs. 28/2010, a norma dell’art. 5 comma 1 del medesimo decreto.

Mentre per le altre materie il procedimento conciliativo è entrato in vigore in data 21.3.2011, per le liti dell’edificio condominiale -unitamente a quelle concernenti il risarcimento danni per sinistri stradali-  si è atteso sino al 21.3.2012.

La prima vita della mediazione in condominio è stata di breve durata, stante l’intervento della Corte Costituzionale del 23 ottobre 2012 n. 272, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del D. Lgs. 28.2010 per eccesso di delega rispetto alla legge con cui il Parlamento ha delegato il Governo a legiferare sull’argomento.

Con la Riforma del Condominio e con la futura entrata in vigore della mediazione di cui al c.d. Decreto del fare, la mediazione è ora di nuovo attuale e obbligatoria per il condominio.

 

2. LE CAUSE CONDOMINIALI E LA MEDIAZIONE

Mentre le cause tra condomini vedono l’eventuale accesso in mediazione in ragione della discussione in tema di diritti reali (materia obbligatoria per il procedimento mediaconcilaitivo), le fattispecie che interessare direttamente l’edificio possono essere distinte nelle seguenti fattispecie: le cause tra il condominio e il singolo condomino; le cause tra il condominio e l’amministratore; le cause tra il condominio e i terzi.

Per quanto concerne il primo gruppo, tra le altre cose, i condomini hanno l’obbligo di rispettare il vivere sociale del palazzo, non ledendo gli interessi e i diritti degli altri condomini, eventualmente sanciti dal regolamento del condominio, e sono tenuti al rispetto del pagamento delle rispettive quote spese condominiali.

Nel caso di mancato adempimento di uno di questi obblighi, la controversia vede prima il procedimento di mediazione e successivamente, in caso di esito negativo della procedura bonaria, l’accesso in sede giudiziaria.

Non così nel caso di mancato pagamento delle spese del condominio, dove la mediazione non è immediata. Essa è operativa solo dopo il procedimento di ingiunzione ex art. 63 disp. Att. c.c. promosso dall’amministratore di condominio contro il condomino moroso, in sede di eventuale opposizione del condomino quando si discute della clausola di provvisoria esecutorietà dell’ingiunzione  (Anna Nicola, Guida al condominio, cit., Amministrazione e gestione del condominio, volume V; Id., La mediazione condominiale, Experta, 2012).

Com’è noto, l’amministratore può agire in sede monitoria dopo aver ottenuto la deliberazione di approvazione del preventivo o del consuntivo delle spese condominiali e del conseguente piano di riparto.

Il nuovo art. 1129 n. 10 c.c. dispone che il mandatario dell’edificio ha l’obbligo di redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e di convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni, a pena di revoca per giusta causa del mandato. Sempre il medesimo art. 1129 c.c. così espressamente prevede ”Salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del presente codice.

Per questa fattispecie, la mediazione non può essere azionata subito in quanto, a norma dell’art. 5 comma 6 del D. Lgs. 28/2010,essa è esclusa per il procedimento monitorio e per quello -eventuale successivo- di opposizione all’ingiunzione fino alla pronunzia da parte del giudice dell’opposizione in merito alla clausola di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo ottenuto.

L’art. 5 comma 4 del D. Lgs. 28/2010, che non ha subito modifiche in ragione del D. L. 69/2013, così prevede: “I commi 1 e 2 (cioè la procedura di mediazione obbligatoria e delegata) non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; …

Per quanto concerne la tutela dei beni condominiali, occorre distinguere caso per caso.

Se l’azione da intraprendere ha natura ordinaria, occorre agire prima in sede di mediazione e poi, eventualmente, davanti all’autorità giudiziaria.

Se invece si rende necessario agire con procedimenti di natura cautelare quale l’azione possessoria, stante l’urgenza di un provvedimento giudiziario teso a ottenere l’immediata tutela della situazione di fatto di cui ai beni e servizi del condominio lesi dal condomino (o eventualmente anche da un terzo), l’art. 5 comma 6 del D. Lgs. 28/2010 prevede l’accesso in mediazione solo a seguito dell’emanazione dell’ordinanza sommaria con cui vengono disposti i primi provvedimenti in merito alla situazione possessoria di cui si richiede la tutela in sede giudiziale.

Per le controversie tra il condominio e l’amministratore occorre verificare la sussistenza delle eventuali negligenze del mandatario dell’edificio, come sancite dalla novella di cui alla L. 220/2012 o di altre mancanze, stante la natura esemplificativa delle fattispecie contemplate dalla Riforma (art. 1129 c.c.).

Nel caso in cui si riscontri la mancanza della dovuta diligenza nel compimento di qualche attività, ad esempio la mancata apertura del proprio conto corrente, il condominio può agire nei confronti dell’amministratore seguendo due strade alternative.

La prima attiene al giudizio di revoca di cui all’art. 64 disp. Att. c.c., procedimento di volontaria giurisdizione, che non ha natura contenziosa ma amministrativa, svolgendosi in camera di consiglio ex artt. 737 e segg. Cpc.

Per esso si deve obbligatoriamente adire il tribunale competente: il procedimento che si svolge in sede giudiziale in camera di consiglio è escluso dalla mediazione a norma dell’art. 5 comma 6 del D. lgs. 28/2010.

Se invece l’edificio intende agire in ragione del rapporto di mandato contrattuale intercorrente con il proprio amministratore, la controversia vede l’immediato accesso in mediazione. Trattandosi di azione ordinaria in ragione del contratto edificio – mandatario, si rientra nelle fattispecie generali previste dall’art. 5 comma 1 del D. Lgs. 28/2010.

Anche le cause tra il condominio e i terzi sono di immediato accesso in mediazione in quanto, per l’art. 71quater disp. Att. C.c., introdotto dalla L. 220/2012, qualsiasi controversia che interessi il condominio deve essere fatta oggetto della procedura di mediazione prima di avere accesso in sede giudiziale. Si pensi ad esempio al contratto di appalto di cui alla manutenzione ordinaria o straordinaria di una parte comune dell’edificio.

 

3. IL CONDOMINIO IN MEDIAZIONE 

L’art. 71 quater disp. Att. C.c. detta il criterio della competenza territoriale dell’organismo di mediazione per l’edificio condominiale.

La domanda conciliativa delle vertenze che interessano l’edificio deve essere presentata a un organismo che ha la propria sede dove è ubicato il palazzo.

La nuova norma risolve anche il tema della rappresentanza dell’edificio in sede di mediazione.

Prima della novella, ci si interrogava se l’amministratore avesse poteri autonomi, soprattutto nel caso in cui si rientrasse nelle materie di sua competenza (si pensi ad esempio alla competenza in materia di atti conservativi di cui all’art. 1130 n. 4 c.c.) o se, in ragione della natura dell’accordo conciliativo quale transazione, avesse bisogno della previa deliberazione dell’assemblea, sia per la partecipazione alla procedura, sia per l’espressione della volontà del condominio.

L’art. 71 quater disp. Att. c.c. richiede che la presenza dell’amministratore in mediazione abbia ottenuto il placet dello stabile.

La delibera deve essere assunta con le maggioranze prescritte dall’articolo 1136, secondo comma, c.c., cioè con l’approvazione della maggioranza dei presenti alla riunione che rappresentino almeno la metà del valore dell’intero edificio.

Poiché il rimando all’art. 1136 secondo comma c.c. è generale, la decisione deve essere presa con queste maggioranze anche in seconda convocazione.

Il nuovo art. 66 disp.Att. C.c. richiede che l’avviso di convocazione deve essere inviato a mezzo raccomandata, consegna a mano, fax, oltre a dover pervenire a tutti i condomini almeno cinque giorni prima dell’assemblea.

Poiché il primo incontro in mediazione dovrebbe svolgersi entro quindici giorni dalla presentazione dell’istanza, l’art. 71 quater disp. Att. C.c. compensa l’art. 66 disp. Att. C.c. con l’art. 8 del D. Lgs. 28/2010, prevedendo che “Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo comma (cioè di tenere l’assemblea chiamata a decidere se partecipare al procedimento di mediazione), il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione”.

Naturalmente questa fattispecie si ha quando l’edificio si pone come soggetto chiamato a partecipare alla mediaconciliazione e non come colui che adisce l’organismo.

In ogni caso, la delibera assembleare è condizione necessaria della legittima presenza del rappresentante dell’edificio.

Lo stesso dicasi per l’eventuale proposta formulata dal mediatore, di cui all’art. 11, comma 2, del D. Lgs. 28/2010, in quanto il mediatore fissa il termine per l’accettazione della proposta di conciliazione, tenendo conto della necessità per l’amministratore di munirsi della delibera assembleare.

L’art. 71 quater disp. Att. c.c.  dispone che “La proposta di mediazione deve essere approvata dall’assemblea con le maggioranze di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice. Se non si raggiungono le predette maggioranze, la proposta si deve intendere non accettata.”

Anche qui, non essendo sancita alcuna specifica indicazione per la prima e per la seconda convocazione, occorre sempre il rispetto della maggioranza dei presenti alla riunione che rappresentino almeno la metà del valore dell’intero edificio.

Se la deliberazione non ottiene il consenso della predetta maggioranza, la proposta si intende non accettata. Il tentativo di conciliazione ha esito negativo e la causa ordinaria può essere intrapresa.