Il nuovo ruolo del condominio dal 18 giugno 2013

ABSTRACT

Il legislatore della Riforma del Condominio ha introdotto varie norme che coinvolgono direttamente il singolo condomino.

A una prima lettura, il provvedimento legislativo pare coinvolgere il solo amministratore, facendo arrivare persino a dubitare che l’intento del legislatore sia quello di introdurre la specifica diligenza del professionista, ex art. 1176 secondo comma c.c., non richiedendo solo più la normale diligenza del buon padre di famiglia ma la perizia tecnica dell’attività professionale, in ragione delle sempre maggiori competenze specifiche e tecniche che gli vengono richieste nei vari ambiti di gestione dell’edificio.

La novella non solo amplia le attribuzioni del mandatario ma anche quelle di competenza dell’assemblea, con la previsione di particolari nuovi ambiti, quali ad esempio l’istituzione del sito web, l’installazione di impianti di videosorveglianza, la partecipazione a progetti in termini di sicurezza del luogo in cui è ubicato l’ommobile, di messa a norma degli impianti dei singoli condomini e così via.

Così è, a ben vedere, anche per il sngolo condomino che vede rinforzato il suo ruolo sotto diversi profili.

Volendo distinguere gli ambiti il cui il singolo vede riconosciuto un proprio ruolo attivo, si possono evidenziare i seguenti temi:

  1. L’ambito inerente alla sua proprietà individuale, quindi alla sua unità abitativa e alle relative pertinenze
  2. l’impugnativa delle deliberazioni e delle tabelle millesimali
  3. il  diritto di informativa
  4. L’ambito della gestione del condominio

Il presente lavoro ha a oggetto il primo degli argomenti sopra indicati, con l’analisi dell’art. 1122 c.c.

Questa nuova norma sancisce l’obbligo del rispetto della proprietà collettiva da parte del singolo che intende eseguire lavori o opere sulla sua proprietà o sulle parti comuni di cui è titolare dell’uso esclusivo.

Il singolo non può eseguire lavori su queste parti, se non a determinate condizioni.

 

INDICE

  1. Premessa
  2. Il nuovo art. 1122 c.c.: gli interventi nella singola proprietà immobiliare

2.1. Prevalenza dei beni comuni

2.2. Tutela delle parti comuni e dell’edificio

2.3. Comunicazione del condomino che vuole eseguire i lavori

2.4. I poteri-doveri dell’amministratore

 

1. PREMESSA

Com’è noto, il 18 giugno 2013 èentrata in vigore la Legge di Riforma del diritto condominiale (Legge del 11 dicembre 2012, n. 220, rubricata “Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”, pubblicata nella Gazz. Uff. 17 dicembre 2012, n. 293).

La novella ha un forte impatto sulla struttura normativa del condominio. Non solo interessa direttamente, come si può facilmente verificare da una prima lettura,l’amministratore degli edifici. Questi vede varie nuove attribuzioni, quali tutti gli obblighi sanciti dai nuovi artt. 1129, 1130 e 1130bis c.c. Sin dalla sua nomina vi sono novità: sono richiesti requisiti di professionalità e di onorabilità (art. 71 bis disp.Att. C.c.), l’obbligo di accettazione della carica, di rinnovo automatico (salvo revoca espressa dall’assemblea), di polizza di assicurazione (ove richiesta dall’assemblea), di aprire uno specifico conto corrente del condominio, di tenere particolari registri (quali il registro dell’anagrafe condominiale, dei verbali assemblee, degli amministratori, di contabilità), l’obbligo di rendicontazione condominiale ex art. 1130bis c.c.,di numerose fattispecie di gravi irregolarità che possono comportare la revoca per giusta causa (art. 1129 c.c.) e così via.

Inoltre il mandatario è tenuto a dare attuazione alle nuove deliberazioni di competenza dell’assemblea, come previste dalle norme introdotte dalla novella. Così è ad esempio per il dovere di istituire il sito web, per l’installazione dell’impianto di videosorveglianza delle parti comuni del palazzo, per la partecipazione ai progetti per la sicurezza del luogo di ubicazione dello stabile e così via.

Anche il singolo condomino assume un ruolo attivo per quanto concerne la propria unità immobiliare, i suoi diritti quale condomino, la gestione dei beni comuni e l’eventuale reazione all’inerzia del mandatario del palazzo nel caso di onere di convocazione della riunione di condominio.

Volendo schematizzare, si possono distinguere cinque diversi ambiti che interessano il singolo condomino. Essi sono i seguenti:

  1. L’ambito inerente la sua proprietà individuale, quindi la sua unità abitativa e le relative pertinenze
  2. l’impugnativa delle deliberazioni e delle tabelle millesimali
  3. il  diritto di informativa
  4. L’ambito della gestione del condominio
  5. La facoltà di richiedere la convocazione assembleare

Nel presente scritto si analizzano i diritti/doveri del singolo condomino, di cui al primo ambito.

 

2. NUOVO ART. 1122 C.C.: GLI INTERVENTI NELLA SINGOLA UNITA’ IMMOBILIARE

Diverse sono le norme introdotte dalla Novella in tema di coesistenza della proprietà del singolo condomino e delle parti in condominio

La prima norma che viene in considerazione è il nuovo art. 1122 c.c., che stravolge la precedente disposizione, come è desumibile già dal titolo. Mentre la precedente Rubrica era Opere su parti dell’edificio di proprietà comune”, l’attuale è“Opere su parti di proprietà o uso individuale”.

Essa tuttavia non è l’unica in quanto l’art. 1118 c.c. prevedeche “Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma”.

Il singolo può, alle condizioni prescritte dal nuovo art. 1122bis c.c., installare propri impianti -non centralizzati- di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili.

Al pari è per il tema dell’adeguamento del singolo impianto al momento dell’entrata in vigore della Riforma. L’art. 155bis disp. Att. C.c. così recita: “L’assemblea, ai fini dell’adeguamento degli impianti non centralizzati di cui all’articolo 1122-bis, primo comma, del codice, già esistenti alla data di entrata in vigore del predetto articolo, adotta le necessarie prescrizioni con le maggioranze di cui all’articolo 1136, commi primo, secondo e terzo, del codice”.

Il condomino ha il diritto di tenere nel proprio alloggio, seppur in condominio, il suo animale domestico. Il nuovo ultimo comma dell’art. 1138 c.c. sancisceche “le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”.

Vediamo il contenuto delle opere del condomino sulle parti di sua proprietà o di suo utilizzo esclusivo, come dettato dall’art. 1122 c.c. di nuova formulazione.

 

2.1. PREVALENZA DEI BENI COMUNI

Oggetto della nuova disposizione di cui all’art. 1122 c.c. è l’esercizio del diritto di proprietà del condomino sulla propria unità immobiliare, esercizio che deve essere rispettoso delle parti comuni. Il presupposto è la proprietà del singolo in considerazione del fatto che l’immobile è all’interno di una struttura condominiale.

L’art. 1122 c.c., nuova versione, vuoleprevenire eventuali contenziosi.

Il diritto di proprietà sancito in termini assoluti dall’art. 832 c.c. è limitato quando ci si trova in condominio. L’acquisto dell’immobile in un edificio che è abitato anche da altri soggetti, titolari di proprietà esclusiva, e con cui si ha il diritto di comproprietà sulle parti comuni dell’edificio, comporta l’accettazione delle limitazioni del vivere in condominio. Ciò comporta non solo l’obbligo di non contravvenire al regolamento di condominio o alle deliberazioni dell’assemblea, ma anche di rispettare la natura dei beni condominiali e di non lederne la funzione o l’uso.

Nell’edificio composto da una collettività di individui, la proprietà individuale è, per natura, limitata dalla struttura condominiale. Lo stesso vale per i beni che –oggettivamente, per la loro funzione o destinazione- potrebbero essere definiti condominiali ma che sono stati sottratti alla comproprietà in ragione di un atto di disposizione. Com’è noto, si tratta della presunzione della condominialitàdei beni che sono al servizio del condominio, salvo che non vi sia un titolo contrario ex art. 1117 c.c. Questo è il significato da attribuire alla locuzione “parti normalmente destinate all’uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale”. Essendo destinate al servizio di un solo condomino o attribuiti in proprietà esclusiva, il singole può eseguire opere solo se non questenon ledono le parti comuni dell’edificio.

Da questa norma si desume il principio di prevalenza dei beni comuni.

Il diritto di proprietà individuale si può scontrare con quello condominiale. Nell’eventuale conflitto, prevale la salvaguardia del condominio e degli altri condomini, vietando l’intervento al singolo.

 

2.2. TUTELA DELLE PARTI COMUNI E DELL’EDIFICIO

L’art. 1122 c.c. considera due forme di tutela del condominio.

La prima ha ad oggetto le parti comuni mentre la seconda concerne l’eventuale pregiudizio che le opere del singolo possono comportare alla stabilità, sicurezza o al decoro architettonico dello stabile. La norma così si esprime: “…il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio”.

Da questa formulazione si ricavano due forme di tutela assolutamente diverse.

Per quanto concerne le parti comuni, la norma non pare richiedere che vi sia pericolo di danno alle cose condominiali in relazione ai lavori che il singolo condomino sta eseguendo, dovendo ricorrere il danno concretoo la certezza che esso si verifichi quando gli interventi sono terminati o stanno per essere terminati.

Le parti comuni sono salvaguardate dalla Riforma solo se, materialmente,vengono a essere danneggiate dall’intervento del singolo.

L’edificio è invece tutelato in via preventiva se le opere del condomino creano pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico. Poiché la Riforma si esprime in termini di pregiudizio, gli interventi del singolo possono essere fermati, eventualmente ancor prima del loro inizio, se si riscontra la pericolosità sotto uno di questi tre profili.

Per quanto riguarda la sicurezza e la stabilità dell’edificio, il condomino deve effettuare una previa valutazione dell’impatto che le opere che vuole intraprendere possono avere sulla struttura del palazzo. Se intende unire due alloggi di sua proprietà, tra loro adiacenti in verticale o in orizzontale, deve prestare attenzione ai muri che intende abbattere. In primo luogo occorre analizzare se si tratta di muri portanti, non potendo in radice procedere con la loro demolizione. Anche se i muri interessati non fossero strutturali dell’edificio, ma solo divisori, il singolo non può eseguire gli interventi che possono minare comunque la stabilità dello stabile. può essere che nel tempo gli altri condomini abbiano effettuato opere tali da esaurire la capacità dei muri e della struttura di sopportazione di ulteriori interventi.

Diverso è il discorso per il decoro architettonico. Com’è noto, esso èil complesso armonico della struttura dell’edificio e delle sue parti.(si veda di recente,Trib. Bologna, 6 aprile 2011, n. 1064; Trib. Roma, 23 marzo 2011, n. 6130), l’estetica del fabbricato data dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identità (Cass. civ. Sez. II, 22/01/2004, n. 1025; Cass. civ. Sez. II, 16/01/2007, n. 851).

Sotto questo profilo, l’intervento del condomino all’interno del suo alloggio non comporta alcun pericolo per il decoro architettonico. Diverso è invece il caso che la modifica interessi una parte esterna, ad esempio il balcone, il terrazzo, il lastrico solare di proprietà o di esclusivo utilizzo.

 

2.3. COMUNICAZIONE DEL CONDOMINO CHE VUOLE ESEGUIRE I LAVORI 

La Riforma richiede che in ogni caso il condomino -che vuole eseguire gli interventi- deve darepreventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea.

La comunicazione è obbligatoria anche se l’intervento non tocca in alcun modo le parti comuni dell’edificio o non crea alcun pregiudizio alla sicurezza, stabilità o al decoro architettonico.

Il condomino è tenuto a informare l’amministratore se vuole modificare la struttura interna dell’appartamento, magari modificando la destinazione di una o più camere, ad esempio trasformare la sala da pranzo incamera da letto.

L’indicazione “in ogni caso” richiede l’informativa all’amministratore a tutto campo.

Ci si interroga sul contenuto della comunicazione che il singolo deve inviare all’amministratore in merito agli interventi sulla sua proprietà.

La novella tace sul punto, non richiedendo alcuno specifico contenuto o l’indicazione delle modalità di esecuzione dei lavori.

E’ curioso confrontare questa norma con quella sancita in tema di innovazioni, come introdotta dalla novella con il nuovo secondo comma dell’art. 1120 c.c.

La disposizione da ultimo menzionata si esprime in termini di ciò che si può definire come “innovazioni sociali”. I temi sono i seguenti:

…1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;

2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio, nonché per la produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune; 

3) l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto…

In questi casi, la Riforma richiede che la domanda del condomino di convocare l’assemblea per deliberare su uno dei predetti temi, deve indicareil contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi proposti.

Solo queste indicazioni comportano l’obbligo del mandatario di convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla richiesta. In mancanza, l’amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni.

L’onere di chiamare la riunione del condominio scatta solo dalla data dell’avvenuta comunicazione integrativa ad opera del condomino.

Confrontando queste due norme,pare curioso che il singolo sia gravato di queste indicazioni se l’intervento è di competenza dell’assemblea, e non se le opere concernono la sua proprietà.

La deliberazione in termini di “innovazioni sociali” è specifica attribuzione dell’assemblea, non essendo vincolata a quanto espone il singolo nella propria richiesta di convocazione. Quindi non si comprende perché su questo argomento occorre che la comunicazione abbia un certo oggetto mentre ove si tratti di opere del singolo no.

A rigore dovrebbe essere corretto il contrario: poiché la decisione in merito agli interventi in ambito di “innovazioni sociali” spetta all’assemblea, il condomino può richiedere la sua convocazione senza necessità di alcuna particolare indicazione, non spettando a questi l’ultima parola. Se invece le opere riguardano la proprietà del singolo, sarebbe opportuno che questi evidenziasse nella comunicazione che invia all’amministratore le modalità esecutive dei lavori in modo tale che si abbia certezza che non vi è la lesione delle parti comuni o il pregiudizio della stabilità, sicurezza o decoro dell’edificio, come è richiesto dalla norma.

A seconda dell’intervento che si intende eseguire, sarebbe opportuno allegare alla comunicazione un elaborato tecnico che dimostra le modalità di intervento e il rispetto della norma. Questo può valere quando le opere sono di una certa entità, sulla cui base occorre un progetto per dar seguito agli interventi.

Spetta comunque all’amministratore verificare che le opere effettivamente non siano lesive di quanto è oggetto di tutela dell’art. 1122 c.c. (cioè 1. le parti comuni che non devono essere danneggiate e 2.che non si abbia alcun pregiudizio alla sicurezza, stabilità o decoro architettonico dell’edificio). Ciò non significa che questi abbia un onere di specifica vigilanza sullo stato avanzamento delle opere ma che deve attivarsi appena si accorge dell’invasività degli interventi e della loro potenziale pericolosità.

Ritornando all’analisi dell’art. 1122 c.c., come detto, in ogni caso il singolo deve comunicare all’amministratore di voler eseguire l’intervento sulla sua proprietà o sulle parti di suo utilizzo esclusivo.

Nel caso di silenzio del condomino, nulla vieta che, conosciuta la sua intenzione di procedere a questi lavori o conosciuta la data prefissata per l’inizio dell’intervento o –ancora- predisposto o intrapreso il lavoro- gli altri condomini possano riferirne all’amministratore affinché il medesimo ponga in essere ogni provvedimento che ritenga opportuno.

 

2.4. I POTERI-DOVERI DELL’AMMINISTRATORE

L’amministratore, in autonomia, può agire a tutela del condominio ex art. 1130 n. 4 c.c., compiendo ogni atto conservativo che ritenga utile, opportuno o doveroso.

Anche l’azione giudiziale può essere opportuna, a seconda della fattispecie concreta, configurandosi anch’essa quale atto conservativo dei beni del condominio.

E’ nota l’affermazione che l’ordinaria amministrazione è anche e soprattutto conservazione delle cose comuni: e queste si possono conservare sia difendendosene l’integrità con atti materiali sia agendo anche in giudizio contro turbative o spogli o minacce di terzi (Branca, Comunione Condominio negli edifici, pag. 582, Zanichelli, 1982).

Il termine “atti conservativi” di cui all’art. 1130 n. 4 c.c.è inteso in senso ampio: l’amministratore non solo è legittimato a compiere gli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi alle parti comuni; ma può compiere atti anche per la salvaguardia dei diritti concernenti le stesse parti comuni delle quali ha la gestione” (Cass.9 dicembre 2009 n. 25766).

La Riforma, nel testo dell’art. 1122 c.c., limita i poteri dell’amministratore all’obbligo di riferire all’assemblea della comunicazione del condomino.

Se l’amministratore seguisse il solo dettato dell’art. 1122 c.c., non avrebbe alcun particolare vincolo se non indicare questo argomento all’ordine del giorno di una qualche assemblea.

La novella non indica che deve trattarsi della prima assemblea utile. Il mandatario potrebbe ritenere di assolvere il suo compito con la previsione di questo tema nella voce di chiusura dell’avviso di convocazione, “varie e eventuali”, trattandosi di semplice comunicazione di cui la riunione di condominio deve semplicemente prendere atto.

La norma in esame non chiede una specifica convocazione sul tema né che l’assemblea debba accettare –o non accettare- le opere del singolo, con apposita deliberazione.

Se il mandatario dello stabile agisse in questi termini, non adempirebbe i suoi obblighi con la dovuta diligenza. Com’è noto, il rapporto che lo lega al condominio è qualificato in termini di mandato. La diligenza richiesta è quella del buon padre di famiglia, salvo ritenere che –con l’introduzione delle nuove competenze della Riforma- oggi sia a suo carico la competenza specifica di cui all’art. 1176 secondo comma c.c., quale vero e proprio professionista.

Occorre quindi analizzare le altre norme che reggono il mandato condominiale, sulla cui base si rende necessario concludere che è suo specifico onere attivarsi con le modalità che si rendono più opportune a seconda degli interventi concreti che il singolo sta attuando –o intende attuare- sul suo immobile o sulle parti comuni di cui ha l’utilizzo esclusivo.

Per le parti comuni, sebbene l’art. 1122 c.c. prescriva la ricorrenza del danno concreto onde vietare l’intervento del singolo, si ritiene corretto coordinare questa norma con l’art. 1102 c.c. sulla cui base anche solo la lesione del diritto di pari uso sussistente in capo agli altri condomini può comportare una reazione del condominio e, per esso, dell’amministratore. Com’è noto, la giurisprudenza su questo argomento tutela non solo l’attuale diritto d’uso del condomino sul bene comune ma anche quello potenziale.

L’intervento del singolo sulle sua proprietà non può invadere o rendere più incomoda la destinazione oggettiva o soggettiva del bene comune sussistente in capo agli altri abitanti dell’edificio. Questo principio vale anche sotto il profilo soggettivo, per l’uso che il singolo fa –o potenzialmente potrebbe fare- del bene comune.

Se si dovesse verificare questa invasione, l’amministratore deve porre in essere ex art. 1130 n. 4 c.c. l’atto conservativo opportuno e/o necessario per salvaguardare al meglio i diritti degli altri condomini. Se del caso e se ne ricorrono i presupposti, quali l’urgenza di fermare le operedel condomino, potrebbe agire in via giudiziale presentando il ricorso per ottenere un provvedimento cautelare, quali ad esempio il provvedimento possessorio di ripristino dello status quo ante, la denuncia di nuova opera o di danno temuto.

Lo stesso dicasise si paventa unpossibile pregiudizio alla sicurezza, alla stabilità o al decoro architettonico dell’edificio a causa dell’attività del condominio sulla sua proprietà. Insimili casi non pare potersi dubitare dell’obbligo dell’amministratore di agire in via d’urgenza, se del caso in sede processuale. La Riforma si esprime in termini di pregiudizio, facendo propendere per un’immediata reazione del condominio, e per esso dell’amministratore, quando si pronostica uno di questi pericoli.

A conferma di quanto detto vi è il nuovo art. 1117ter c.c. che si esprime sul tema delle modificazioni delle destinaioni d’uso dei beni comuni per volere assmebleare. L’ultimo comma di questa norma prescrive che “sono vietate le modificazioni delle destinazioni d’uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico”.