Parcheggio e atto di vendita, la clausola del diritto di parcheggio incriminata
La clausola del contratto di compravendita che conferisce “diritto esclusivo di parcheggio per una autovettura sul margine laterale della strada privata di accesso al complesso immobiliare di cui l’appartamento predetto è parte, ed in particolare lungo il lato della strada stessa adiacente la casa, nelle vicinanze dell’atrio di ingresso, per una lunghezza non superiore a metri quattro virgola cinque e una larghezza non superiore a metri due” come deve essere interpretata?
Se la società venditrice procede all’assegnazione dei posti auto, può determinarsi di assegnare al contraente di cui alla compravendita con tale clausola un diverso posto auto, con caratteristiche e dimensioni differenti?
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Vediamo di recente cosa ha deciso il Supremo Collegio, dopo vicissitudini processuali negative per la compratrice.
Parcheggio e atto di vendita, la decisione della Cassazione n. 20419/2020
La decisione del Supremo Collegio del 28 settembre 2020, n. 20419 è di spunto molto interessante.
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Nel caso di specie, una signora acquista dalla società venditrice un alloggio ed il diritto di parcheggio con l’indicazione che esso si attua per il tramite della clausola sopra riportata, clausola espressa nel contratto di compravendita.
Tuttavia la società assegna un parcheggio di misura inferiore, in luogo diverso, con grave difficoltà di manovra e necessità di posteggiare a ridosso del muro dal lato guidatore con la conseguenza che l’unica modalità di ingresso nel mezzo è dal lato passeggero.
Il primo ed il secondo grado di giudizio
In conseguenza di ciò, la signora cita in giudizio la società venditrice chiedendo che quest’ultima provvedesse all’assegnazione in suo favore di un posto auto che fosse nelle vicinanze dell’atrio d’ingresso, avesse un’estensione di metri 4,5×2 metri e consentisse la discesa e l’accesso al posto guida dalla portiera del conducente, come da clausola contrattuale.
In primo grado la signora vede rigettate le sue domande perché il Tribunale ritiene che la società abbia assolto alle sue obbligazioni di cui al contratto di compravendita, avendole comunque attribuito un parcheggio.
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La signora, di certo non contenta dell’esito di questo grado di giudizio, agisce in sede di appello, lamentando il travisamento dei fatti costitutivi della domanda e l’erronea interpretazione del contratto di compravendita, con conseguente incongruità della motivazione.
Anche il secondo grado subisce la medesima sorte. la Corte di Appello ha osservato che dall’esame del contratto di compravendita, considerato nel suo complesso e nella particolarità della clausola in tema di diritto di parcheggio, si ricava che fosse stata indicata la sola lunghezza massima del posto auto, con la conseguente riserva della società venditrice di avere un margine apprezzabile di determinazione delle esatte dimensioni del posteggio all’atto dell’assegnazione. Peraltro, aggiunge la Corte, da nessuna parte è indicata la necessità di avere un parcheggio idoneo a un’autovettura di grosse dimensioni, stante anche l’età della signora.
Alla luce di queste considerazioni, ha concluso che il parcheggio avesse le necessarie caratteristiche del bene e non violasse alcun criterio di specifica funzionalità, perché permetteva comunque di parcheggiare quantomeno una utilitaria.
Seppur sia da sorridere, la Corte ha altresì evidenziato che non era stato previsto nel contratto che vi fosse la possibilità di entrare nell’autovettura dal lato guidatore.
La signora non desiste e propone ricorso per cassazione.
Parcheggio e atto di vendita, la posizione della Cassazione
Le doglianze in Cassazione sono sostanzialmente due, tra esse collegate. La prima attiene alla non corretta interpretazione del contratto ed al mancato rispetto dei relativi criteri ermeneutici.
Com’è noto, il primo elemento interpretativo è dato dall’analisi dell’uso delle parole e delle espressioni del contratto. Nella clausola si fa espressamente menzione del “diritto di parcheggio per una autovettura lungo il lato della strada stessa adiacente la casa” mentre il posto assegnato non rispetta queste caratteristiche.
La seconda questione attiene al fatto che dalla svolta istruttoria si è giunti alla prova dell’inadempimento dell’obbligazione della società.
La Suprema Corte parte analizzando il tema dell’interpretazione del contratto.
Parcheggio e atto di vendita, l’interpretazione del contratto
Il Supremo Collegio ricorda che nell’interpretare il contratto, il giudice di merito si deve attenere preliminarmente all’interpretazione letterale dell’atto negoziale e, cioè, delle singole clausole significative, delle une per mezzo delle altre, riportando nella motivazione della propria decisione ciò che è il risultato di questo accertamento. E qui si deve fermare.
L’eccezione è data, quando riportando ragionamenti convincenti e costruttivi dimostra che per mezzo delle parole usate non si può raggiungere il comune intento delle parti.
Solo in questo caso si può servire degli altri criteri, che sono sussidiari rispetto all’interpretazione letterale.
Il riferimento è al comportamento delle parti successivo alla conclusione del contratto ed al principio di conservazione.
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Il Giudice di merito ha invece travisato le clausole e statuito oltre le medesime, sancendo che risultasse riservata alla società la possibilità di un margine apprezzabile di determinazione delle esatte dimensioni del posteggio all’atto della assegnazione, con incongruità nel riferimento al possibile parcheggio di una utilitaria, e nel ritenere che l’attrice fosse proprietaria di un auto di dimensioni tali da non potere di fatto usufruire del parcheggio. Da ciò è stato erroneamente escluso l’inadempimento della società venditrice.
Peraltro la Corte di merito ha osservato che la previsione della possibilità di accedere dal lato del guidatore al veicolo non fosse inclusa nel contratto di acquisto, e che l’interpretazione del contratto secondo buona fede implicava nello specifico l’analisi della età della acquirente al momento della stipula del contratto, che non poteva all’epoca (1999), definirsi anziana.
Tutti questi elementi di fatto riportati nella motivazione della decisione di merito hanno fatto in modo che la Suprema Corte potesse in qualche modo entrare nel merito della vicenda, stante la motivazione assolutamente inadeguata.
Parcheggio e atto di vendita, l’interpretazione della Suprema Corte e la sua conclusione
La Suprema Corte osservando “sempre in tema di interpretazione del contratto, l’elemento letterale, sebbene centrale nella ricerca della reale volontà delle parti, deve essere riguardato alla stregua di ulteriori criteri ermeneutici e, segnatamente, dell’interpretazione funzionale, che attribuisce rilievo alla causa concreta del contratto ed allo scopo pratico perseguito dalle parti, oltre che alla interpretazione secondo buona fede, che si specifica nel significato di lealtà e si concreta nel non suscitare falsi affidamenti e nel non contestare ragionevoli affidamenti ingenerati nella controparte (Cass. n. 6675 del 2018; conf. Cass. n. 17718 del 2018; Cass. n. 23701 del 2016)”.
Nel caso di specie il giudice di merito ha fornito una ambigua interpretazione desunta dall’esame del dato letterale dell’atto, in ordine alle dimensioni dell’autovettura della attrice, quanto (e piuttosto) le considerazioni svolte dalla Corte di merito, a sostegno della mancata ubicazione del posto auto nei pressi dell’atrio di ingresso, nonché della posizione del posto auto in aderenza al muro di contenimento, della possibilità di accedere alla vettura solo dal lato del passeggero e dell’età della attrice al momento
La Suprema Corte accoglie quindi il ricorso.
Disabile e diritto al parcheggio riservato in condominio
Scarica Cass. 28 settembre 2020 n. 20419
Fonte: https://www.condominioweb.com/clausola-del-contratto-di-compravendita-e-parcheggio.17413