“La mediazione civile come alternativa al processo”

COMUNE DI TORINO IN COLLABORAZIONE CON ARBIMEDIA ADR

29 settembre 2012

LA MEDIAZIONE CIVILE COME ALTERNATIVA DEL PROCESSO

 (per maggiori informazioni e dettagli vedasi locandina)

Avv. Anna Nicola – Relazione

CONDOMINIO, LOCAZIONE E PROPRIETA’ IMMOBILIARI

PROPRIETA’ E CONDOMINIO

La proprietà immobiliare può riguardare un terreno, una casa sia essa una casa indipendente o un appartamento in condominio

Nel caso di proprietà di un terreno si suole parlare di proprietà rurale o di fondi rustici

Il diritto di proprietà è definito dall’art. 832 c.c. il cui tenore è il seguente: “Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico.”

La proprietà è il principale diritto reale: esso è il diritto reale pieno e assoluto. Si contrappone per questa ragione agli altri diritti reali, qualificati come minori (usufrutto, uso, servitù, enfiteusi, superficie) in quanto più limitati e circoscritti

L’unico limite del diritto di proprietà è il  divieto di compiere i c.d. atti di emulazione, come definiti dall’art. 833 c.c.: il proprietario non può compiere quegli atti che non hanno altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri.

Quando un immobile è all’interno di un condominio la proprietà dell’alloggio di norma è individuale (o in comunione di uno o più soggetti, ad es. la comunione legale dei coniugi). Con essa concorre il diritto di comproprietà dei beni e servizi comuni, di proprietà dell’intera collettività delle persone che abitano in condominio o che comunque sono proprietari dei vari alloggi che lo compongono

Nel condominio vi è coesistenza quindi tra il diritto singolo di proprietà (dell’alloggio) e il diritto di comproprietà delle parti comuni (ad es. il tetto, il cortile dell’edificio e così via). Questi beni comuni sono elencati dall’art. 1117 c.c., sebbene si tratti di un elenco esemplificativo e non esaustivo. Così è per il suolo, le fondazioni, i muri maestri, i locali di servizio comune, ad. Es. la lavanderia, la portineria, l’impianto di riscaldamento, dell’acqua, gas, energia elettrica e così via. In questo il condominio si distingue dalla comunione dove i singoli comunisti hanno il solo diritto di comproprietà del bene oggetto della comunione

La comunione è disciplinata dagli artt. 1100 – 1116 c.c. – Il condominio è disciplinato dagli artt. 1117 – 1139 c.c.

Essendo il codice civile del 1942 il legislatore sta oggi studiando un nuovo testo normativo per rendere attuale l’istituto del condominio con ciò volendo fare in modo che le norme siano aderenti alla realtà odierna

Il condominio si distingue dalla comunione in quanto in quest’ultima il bene è in comproprietà tra più soggetti che hanno uguale potere di amministrazione e rappresentanza salvo diverso accordo o diversa distribuzione di quote. Il singolo ha come termine di riferimento una quota ideale dell’oggetto della comunione. Nel condominio questa quota ideale viene espressa in concreto in millesimi, le c.d. tabelle millesimali, ai fini del calcolo della ripartizione del diritto di comproprietà spettante al singolo sui beni condominiali e della conseguente ripartizione delle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria. Il condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose anzidette, sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione (art. 1118 c.c.)

Nella realtà vi sono casi di condomini c.d. complessi, costituiti da due o più edifici tra loro autonomi che hanno in comune uno o più beni o servizi. Si pensi ad esempio al caso di un cortile che è al servizio di più edifici: in queste fattispecie i singoli edifici sono disciplinati individualmente dalla normativa del codice civile del condominio; così anche è per il cortile comune la cui titolarità è della collettività delle persone che sono proprietarie degli alloggi siti in entrambi gli edifici. Si parla in questi casi di condomini complessi.

L’assemblea è l’organo supremo del condominio: a lei spetta decidere sull’andamento e sulla gestione del condominio. Le sue attribuzioni sono – ai sensi dell’art. 1135 c.c.- principalmente le seguenti

  • la conferma dell’amministratore, l’eventuale sua retribuzione, l’approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l’anno e della relativa ripartizione tra i condomini
  • l’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore e l’impiego del residuo attivo della gestione
  • le opere di manutenzione straordinaria, costituendo, se occorre, un fondo speciale

Essa inoltre  decide inoltre sui seguenti argomenti:

  • il conferimento all’amministratore di maggiori poteri rispetto a quelli già sanciti dal codice civile dall’art. 1131 c.c. e dal regolamento di condominio
  • le innovazioni (art. 1120 c.c.), anche eventualmente le innovazioni gravose e voluttuarie (nella particolare fattispecie prevista dall’art. 1121 c.c.)
  • lo scioglimento del condominio (ex artt. 61 e 62 disp. Att. C.c.) e in tema di perimento dell’edificio per una parte inferiore ai tre quarti dell’intero medesimo stabile ai sensi dell’art. 1128 c.c.
  • l’approvazione del regolamento di condominio (art. 1138 c.c.) che è obbligatorio se i condomini sono più di dieci
  • l’eventuale impugnazione di provvedimenti presi dall’amministratore ritenuti illegittimi anche da un solo condomino a norma dell’art. 1133 c.c.
  • in merito alle spese anticipate dai singoli condomini per le cose comuni (art. 1134 c.c.)

L’amministratore è il mandatario dell’edificio del condominio. Deve essere obbligatoriamente nominato quando i condomini sono più di quattro. Se il numero dei condomini è inferiori la sua carica è facoltativa, spettando ai condomini decidere se vogliono ugualmente –anche se non obbligati- un loro rappresentante comune. Come sopra visto, è di nomina dell’assemblea; dalla stessa può essere confermato, revocato o sostituito con altro soggetto.

L’amministratore è colui che gestisce e amministra l’edificio nell’interesse di tutti i condomini. Cura il conto della gestione, redige i relativi documenti, tra cui il preventivo delle spese necessarie al condominio ed il consuntivo di quelle effettivamente affrontate, indice l’assemblea, procede autonomamente agli interventi di manutenzione ordinaria in autonomia, può agire anche per la manutenzione straordinaria ove sia necessario un intervento urgente (art. 1135 c.c.)

MATERIE CONDOMINIALI

La mediazione è obbligatoria dal 21.3.2012 per  tutte le materie in ambito di condominio. Quindi per le seguenti tipologie:

  • tra condomini: per diritti reali ,
  • tra condominio e singolo condomino, per le materie dell’art. 1130 cc regolamento, delibere, regolamentazione delle cose comuni, pagamento spese condominiali (art63 disp tt acc – temporaneamente sospeso perché ingiunzione) atti conservativi
  • tra il condominio e l’amministratore
  • tra il condominio e un terzo
  1. CAUSE TRA CONDOMINI

In realtà le cause tra condomini vedono l’accesso in mediazione non solo e non tanto in ragione dell’essere in condominio quanto in riferimento ai diritti reali, materia di diretta applicazione della procedura di mediazione ex se in quanto espressamente contemplata dall’art. 5 comma 1 del D. lgs. 28/2010

  1. CAUSE TRA IL CONDOMINIO E UNO O PIU’ CONDOMINI

In merito alle cause tra il condominio e uno o più condomini, la norma di riferimento pare essere l’art. 1130 c.c., la cui rubrica è “Attribuzioni dell’ Amministratore” e il cui tenore è il seguente:

ART 1130 CC

L’amministratore deve:
1) eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini e curare l’osservanza del regolamento di condominio;
2) disciplinare l’uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini;
3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni;
4) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio. Egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua gestione
.”

Si pensi al condomino che non rispetta il regolamento di condominio, ad esempio per la clausola che prevede che non si può parcheggiare in cortile. Il condomino non si cura di questa clausola e non la rispetta mai. L’amministratore gli invia una o più diffide, senza tuttavia sortire l’esito sperato: il condomino continua a parcheggiare in cortile. In questa fattispecie, prima dell’instaurazione della causa di merito, occorre procedere al tentativo di conciliazione in sede di organismo di mediazione

Per la regolamentazione delle cose comuni, es. si può avere il caso in cui vi è una tavernetta condominiale e il singolo condomino la utilizza come suo immobile, fornendola di chiavi che ha solo lui e quindi non permettendo l’utilizzo da parte degli altri contitolari. Anche qui l’amministratore prima di rivolgersi all’organismo di mediazione  procede in sede stragiudiziale diffidando il condomino dal cessare in questo comportamento illegittimo. Nel caso in cui la diffida sortisca esito negativo, occorre procedere in sede di mediazione al fine di risolvere la controversia

Se c’è assicurazione fabbricati e sorge questione di risarcimento danni di beni del condominio a causa del comportamento di un condomino, ci si chiede se sia necessaria la presenza del condominio quando l’assicurazione copre l’evento – direi di si già solo per questioni di opportunità

La riscossione dei contributi fa espresso richiamo alla norma (art. 63 disp att. C.c.) sulla cui base l’amministratore munito di deliberazione di approvazione del preventivo o consuntivo delle spese condominiali e del conseguente piano di riparto può presentare ricorso per ingiunzione provvisoriamente esecutiva contro il condomino moroso. Qui l’accesso in mediazione non è immediato in quanto(a norma dell’art. 5 comma 6 del D. Lgs. 28/2010) la mediazione non vede l’accesso per il procedimento di ingiunzione e per quello eventuale successivo di opposizione all’ingiunzione se non a seguito della pronunzia da parte del giudice dell’opposizione in merito alla clausola di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo ottenuto. Quindi di ha accesso in mediazione solo nel caso in cui il condomino proponga opposizione all’ingiunzione e nel medesimo atto chieda la revoca della clausola di esecutività già ottenuta dal condominio

In tema di violazione/invasione dei beni comuni, si suole parlate di necessità di compimento di atti conservativi, con questa terminologia debba essere inteso ogni atto dell’amministratore volto alla tutela dell’edificio condominiale e di ogni sua parte. Per esse la prassi si è espressa soprattutto in termini di procedimenti possessori, volti a ottenere l’immediata tutela della situazione di fatto di cui ai beni del condominio. Anche qui, l’art. 5 comma 6 del D. Lgs. 28/2010 prevede l’accesso in mediazione solo a seguito dell’emanazione dell’ordinanza sommaria con cui vengono disposti i primi provvedimenti in merito alla situazione possessoria di cui si richiede la tutela in sede giudiziale

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Tra queste tipologie di cause tra il condomino e il condominio rientra

IMPUGNAZIONE DELIBERA PER NULLITA’ E ANNULLABILITA’

NULLITA’: la mediazione è obbligatoriaanche per una delibera assunta parecchi anni fa ma invalida per il profilo della nullità  – la nullità è imprescrittibile salvo la prescrizione delle azioni che ne derivano, ad es. arricchimento senza giusta causa, ripetizione indebito e così via;

ANNULLABILITA’ la deliberazione affetta da annullamento –vizio inerente principalmente le norme procedurali della convocazione, delle maggioranze ai fini della valida costituzione e valida deliberazione e così via-  deve essere oggetto di mediazione prima di essere oggetto di causa ordinaria. Questa delibera deve essere impugnata in mediazione entro 30 giorni rispettivamente dall’assemblea e dall’invio del verbale della tenuta assemblea per il presente e per il condomino assente a detta riunione

INTERRUZIONE DECADENZA DELLA DOMANDA DI ANNULLAMENTO DELLA DELIBERA

La proposizione della domanda di mediazione interrompe la prescrizione e la decadenza dal momento della comunicazione alle altre parti . Ciò significa che il termine ex art 1137 è per la domanda di mediazione, dal momento del suo inoltro. RIDECORSO TERMINE DECADENZA Questo termine decorre nuovamente a mediazione fallita dal momento del deposito del verbale presso l’organismo di mediazione. Da questo momento decorre il termine di 30 gg ex art 1137 per la proposizione della domanda giudiziale

SOSPENSIONE DELLA DELIBERA è procedimento in via d’urgenza davanti al tribunale da proporre anche prima della mediazione anche se la norma dice che “lo svolgimento della mediazione non preclude azione d’urgenza” il termine svolgimento fa credere che sia da proporre prima la mediazione e poi la domanda giudiziale di sospensione della delibera

  1. CAUSE TRA IL CONDOMINIO E L’AMMINISTRATORE

Per queste controversie vengono in considerazione tutte le norme che disciplinano le competenze e gli obblighi dell’amministratore

Infatti se l’amministratore non esegue la deliberazione dell’assemblea condominiale non ottempera al mandato che lo lega all’edificio esponendosi di conseguenza a essere chiamato a rispondere del suo operato a titolo di responsabilità contrattuale e di eventuale risarcimento dei danni

Lo stesso discorso vale per la predisposizione del bilancio preventivo/consuntivo annuale, per l’obbligo di gestione contabile e così via

In tutti questi casi, se il condominio agisce in ragione del contratto concluso con l’amministratore, la controversia vede l’immediato accesso in mediazione. Non così nel caso in cui si proceda con la domanda di revoca del medesimo, trattandosi di procedimento che si svolge in sede giudiziale in camera di consiglio. Questo procedimento è escluso dalla mediazione a norma dell’art. 5 comma 6 del D. lgs. 28/2010

  1. CAUSE TRA IL CONDOMINIO E TERZI

Queste fattispecie sono di dubbio accesso in mediazione. Si pensi al caso di contratto di appalto concluso tra il condominio e un’impresa avente ad oggetto la manutenzione ordinaria o straordinaria di parte dell’edificio condominiale, ad esempio del tetto dello stabile.

Qui ci si interroga se la fattispecie esuli dalla mediazione in quanto l’oggetto della controversia è specificatamente il contratto di appalto e l’esecuzione degli interventi da parte dell’impresa appaltatrice ovvero se, visto che una delle parti è un condominio, occorre dare prevalenza alla natura dell’ente collettivo, con obbligo di ingresso in mediazione in ragione della qualifica di questo soggetto. se si pone l’accento sul soggetto condominio coinvolto come per contratti bancari per aspetto professionale di una delle parti

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LOCAZIONE

La locazione di immobili è disciplinata sia dal codice civile sia da leggi speciali, in primo luogo la legge 431/1998, c.d. legge equo canone

Mentre il codice civile ha ad oggetto un qualunque bene ; la l. 431/98 si attua agli immobili ad uso abitativo o ad uso commerciale o industriale (fabbriche, negozi, etc

Nello specifico, la legge 431/98 non si applica:
– ai contratti di affitto su immobili “vincolati”, ovvero di interesse artistico, storico, archeologico, etc. nonche’ a quelli su immobili delle categorie catastali A1, A8 e A9 (abitazioni signorili, ville, castelli e palazzi). In questi casi si applicano le generiche disposizioni del codice civile (art.1571 e segg.).
– agli alloggi di edilizia residenziale pubblica ai quali si applica una normativa a parte, statale e regionale;
– ai contratti stipulati dagli enti locali come conduttori al fine di soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio, per i quali si applicano le generiche disposizioni del codice civile (art.1571 e segg,);
– agli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche.
Occorre ricordare che dal 01.07.2010 il  Dlgs 192/2005 dispone che i nuovi contratti di affitto o rinnovi di contratti esistenti serve il certificato energetico: esso deve essere menzionato nel contratto ai fini della validità dello stesso, al pari della compravendita di immobili

TIPI DI CONTRATTO
1. Il classico contratto di affitto di immobile ad uso abitativo e’ quello denominato “4+4“, a canone libero e completamente affidato alla contrattazione delle parti.
L’unica limitazione e’ appunto la durata, che la legge prevede in quattro anni più altri quattro senza diritto di negare il rinnovo salvo che si verifichino speciali condizioni che tratteremo piu’ avanti.
Dopo questi otto anni, entrambe le parti hanno la possibilità di comunicare disdetta o rinnovo. A questo fine, occorre comunicare, con raccomandata a/r inviata almeno 6 mesi prima della scadenza, la propria intenzione di rinnovo a nuove condizioni o la comunicazione di disdetta.

In mancanza di una risposta (di accoglimento nel caso di proposta di rinnovo) inviata entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione -o comunque in caso di mancato accordo- il contratto si considera concluso alla data di scadenza della locazione.
La mancata comunicazione di disdetta (o di intenzione di rinnovo a nuove condizioni) sancisce il rinnovo automatico alle condizioni precedenti per altri otto anni.
Ai fini della valida conclusione del contratto è sempre necessaria la forma scritta in quanto il contratto è soggetto a registrazione presso l’Agenzia delle Entrate a pena di nullità Non è necessario l’intervento di terzi, ma in certi casi le parti potrebbero voler farsi assistere da organizzazioni di inquilini o di proprietari oppure da altri professionisti del settore.
2. Il secondo tipico contratto di locazione e’ quello cosiddetto “a canone concordato” o “3+2” , redatto sulla base di contratti-tipo stipulati in sede locale tra organizzazioni dei proprietari edilizi e dei conduttori.
Diversamente dal caso appena analizzato (dove vi è solo in vincolo di durata del contratto) qui è predeterminata non solo la durata ma anche il canone di affitto. La durata non può essere inferiore ai 3 anni, con rinnovo automatico alla scadenza per ulteriori 2 anni.
Fanno eccezione i casi in cui la disdetta anticipata è ammessa per legge, casi che sono gli stessi previsti per la prima tipologia, e di cui parleremo di seguito.
Ancora come per la prima tipologia, la richiesta o la rinuncia all’ulteriore rinnovo alla scadenza del secondo periodo (3+2) deve avvenire, anche in questo caso, 6 mesi prima della scadenza. La mancata risposta entro 60 gg determina automaticamente la cessazione del contratto al momento della scadenza.
La mancata comunicazione della disdetta determina invece l’automatico rinnovo per altri cinque anni.

I canoni di locazione vengono concordati dalle parti all’interno di fasce minime e massime di oscillazione definite a livello locale (di solito comunale), tenendo in considerazione le caratteristiche dell’edificio e dell’unita’ immobiliare.
Per i dettagli si veda il DM 30/12/02 (attuale “convenzione nazionale” di riferimento) riportato tra i link utili.

La redazione del contratto deve obbligatoriamente seguire dei modelli-tipo (vedi allegati A e B del DM 30/12/02).
La sottoscrizione puo’ avvenire con l’assistenza di un’associazione di inquilini (Sunia, Sicet, Uniat, Unione Inquilini, etc.) oppure ad un’associazione di proprietari (Asppi, Confappi, Union Casa, Uppi, etc.).

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USO DELL’IMMOBILE LOCATO

I contratti di locazione si distinguono poi in contratti: A) ad uso abitativo, B) ad uso transitorio, C) ad uso studenti universitari.

Le principali caratteristiche sono:

A) Ad uso abitativo a canone concordato
– durata del contratto: 3 anni + 2;

– entità del canone: fissata dall’accordo territoriale tra Sindacati degli inquilini e Associazioni dei proprietari (dipende da comune a comune).
– agevolazioni fiscali per il proprietario
– agevolazioni fiscali per gli inquilini: in base alle fasce di reddito;

B) Ad uso transitorio
può essere stipulato solamente in presenza di comprovate particolari situazioni in capo al locatore (es. necessità personale, ecc.) o dell’inquilino (es. contratto di lavoro a tempo determinato).
– durata: minimo 1 mese, massimo 18 mesi non rinnovabili;
– canone: concertato;
– agevolazioni fiscali: nessuna.

Si tratta di contratti stipulati sulla base di accordi locali tra il Comune, le associazioni di proprietari e quelle di inquilini, le aziende per il diritto allo studio, le associazioni di studenti e le cooperative od enti non lucrativi che operino nel settore.

C) Ad uso studenti universitari
– durata: minimo 6 massimo 36 mesi;

– canone: fissato dall’accordo territoriale tra organizzazioni sindacali, Università e associazioni degli studenti;
– previste agevolazioni fiscali per il proprietario

REGISTRAZIONE
Il contratto, di qualunque tipo sia, va redatto in forma scritta e registrato presso l’agenzia delle entrate col pagamento delle relative imposte (di registro o cedolare secca, a scelta del proprietario/locatore).

LOCAZIONE E MEDIAZIONE

La materia della locazione ha oggi accesso obbligatorio immediato in mediazione, essendo la materia una di quelle contemplate dall’art. 5, comma 1 del D. Lgs.28/2010, per la cui entrata in vigore è stata prevista la data del 21 marzo 2011. Il procedimento conciliativo può avere radice dall’inosservanza degli obblighi sanciti dal codice civile, dalle norme in tema di c.d. Legge Equo canone, cioè della L. 392/1978 e successive modificazioni ovvero da quelli previsti nelle varie clausole contrattuali. In tema di previsioni contrattuali, si ricorda che le clausole vessatorie ex artt. 1341 e segg. C.c. devono essere specificatamente approvate per iscritto.

Senza volerci addentrare nell’analisi dell’istituto e della relativa normativa, i principali obblighi delle parti sono riassumibili nei seguenti:

  • per il locatore: consegnare la cosa locata in buono stato di manutenzione; mantenere il bene in stato da servire all’uso convenuto; procedere a tutte le riparazioni necessarie;
  • per il conduttore: prendere la cosa in consegna e usarla con la diligenza del buon padre di famiglia; servirsene per l’uso convenuto; pagare il canone alle scadenze pattuite; consegnare la cosa nello stato in cui l’ha ricevuta.

Sotto questo profilo, le controversie che possono venire portate al vaglio giudiziario concernono i casi in cui, a contratto cessato, le parti discutano in merito alle addizioni e migliorie apportate, alle riparazioni eseguite, agli adeguamenti alle normative e così via. Si pensi, ad esempio, al caso della certificazione degli impianti elettrici di cui alla L. 46/1990 e ss.mm.

La L.392/1978 (Legge c.d. Equo canone), come noto, disciplina specifiche fattispecie di locazione, la cui più importante distinzione è quella tra la locazione di immobile a uso abitativo e quella relativa alla sua destinazione a attività produttiva o comunque, più in generale, a un uso non abitativo. Questa normativa specifica detta inoltre, tra le altre cose, particolari ipotesi di cessazione del rapporto.

Le questioni giudiziarie concernenti la legge c.d. Equo canone riguardano la ricorrenza dei presupposti di operatività delle specifiche ipotesi da essa direttamente contemplate. Si pensi, ad esempio, al caso in cui il locatore eserciti la disdetta del contratto di locazione dell’immobile destinato a uso abitativo senza la ricorrenza delle condizioni di cui alla lettera a) dell’art. 3, L. n. 431/1998. Questa norma dispone che sussiste la facoltà di diniego di rinnovo del contratto allorquando il locatore intenda destinare l’immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado (lettera a, art. 3) ovvero, tra le altre fattispecie, quando il conduttore non occupa in modo continuativo l’immobile senza giustificato motivo (lettera f, art. 3). Il locatore può affermare la sussistenza di uno di questi presupposti e non rinnovare il contratto.

In ambito locatizio vi sono altri procedimenti che soggiacciono alla mediazione che richiedono il tentativo di conciliazione a causa giudiziale già incardinata. Esse concernono le procedure di convalida di licenza per finita locazione o sfratto per morosità. La prima ha radice nella notificazione della licenza –cioè del mancato rinnovo in ragione della disdetta- del contratto, disdetta che viene esercitata anteriormente alla scadenza del termine contrattualmente previsto. La seconda è per il mancato pagamento del canone o degli oneri accessori per un importo superiore a due mensilità di canone. Si tratta di procedimenti speciali a carattere sommario (ex artt. 657 – 667 cpc), aventi –nella quali totalità dei casi- natura alternativa al giudizio (di cui all’art. 447bis cpc )

Essi hanno una momentanea sospensione della controversia in sede ordinaria a seguito dell’emanazione del provvedimento di rilascio dell’immobile (art. 665 cpc) e del pagamento delle somme per la parte non contestata (ex art. 666 cpc)

Queste ordinanze vengono emesse nei seguenti casi: per la mancata comparizione dell’intimato all’udienza o per la sua mancata opposizione, a seguito della verifica della regolarità della notificazione dell’intimazione; ove lo sfratto sia in ragione della morosità, se in udienza l’intimante dichiara che la morosità persiste. Questi provvedimenti, per giurisprudenza unanime, hanno efficacia di giudicato in senso sostanziale in quanto attestano -al pari della sentenza conclusiva del giudizio ordinario- l’esistenza della locazione, la qualità di locatore dell’intimante e di quella dell’intimato quale conduttore, l’intervento di una causa di cessazione o di risoluzione del rapporto, la natura della locazione –abitativa e non abitativa- in relazione alla normativa del c.d. Equo canone, l. 392/1978 (Cass. 640671999)

Emanata l’ordinanza, il giudizio deve essere portato in sede di mediazione. Quanto qui detto è in sintonia con la normativa della mediazione sia in termini generali per i procedimenti cautelari e d’urgenza sia per l’opposizione all’ingiunzione Le parti non accedono alle mediazione nel caso in cui, prima o durante l’udienza della fase sommaria, il conduttore sani la morosità o ottenga il termine di grazia ex art. 55 L.392/1978, in caso di locazione abitativa (Cass. S.U. 272/1999). Il procedimento di mediazione non viene inoltre instaurato se il locatore-intimante non compare in udienza ovvero se, accertata dal giudice l’irregolarità dell’intimazione o verificato che il conduttore non ne ha avuto effettiva conoscenza, il locatore omette o ritarda la rinnovazione dell’intimazione. In queste ultime fattispecie la causa viene cancellata dal ruolo e il giudizio si estingue. Le casistiche appena riportate implicano che non vi è ingresso della controversia in mediazione –come non vi era in precedenza ingresso al giudizio locatizio- né nel successivo eventuale giudizio di merito, in quanto la causa si estingue in toto per inattività del ricorrente intimante.

L’ordinanza con cui viene disposta la licenza o sfratto ovvero il pagamento del dovuto comporta la conversione del rito speciale nel rito ordinario che segue le regole processuali di cui al rito locatizio, previo esperimento negativo della mediazione. Se la mediazione non ha successo, la controversia va portata al vaglio del giudice, dove può essere formulata sia la mutatio sia l’emendatio libelli (Cass. 11491/2000). La Suprema Corte ha recentemente affermato che può essere anche presentata la domanda riconvenzionale (Cass. 15399/2010).

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DINIEGO DI RINNOVO DEL PROPRIETARIO ALLA PRIMA SCADENZA
Come già detto, al termine degli otto anni -o dei cinque anni in caso di affitto a canone concordato- ambedue le parti hanno la facoltà di sciogliere unilateralmente il contratto con un preavviso minimo di sei mesi con raccomandata a.r.
Il proprietario/locatore ha anche la facolta’ di negare il rinnovo alla prima scadenza (quindi dopo i primi quattro anni oppure dopo i primi tre, a seconda del tipo di contratto), stante l’obbligo di preavviso di sei mesi, nei seguenti casi:
– il locatore intenda destinare l’immobile agli usi: abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli, dei parenti entro il secondo grado;
– un locatore persona giuridica -che persegua fini sociali, pubblici, culturali, assistenziali, di culto- voglia utilizzare l’immobile per le finalità in questione, offrendo al conduttore un’idonea alternativa abitativa;
– il conduttore abbia, nello stesso comune, un idoneo alloggio libero;
– l’immobile sia posto in un edificio gravemente danneggiato, che debba essere ricostruito o stabilizzato e la permanenza del conduttore sia d’ostacolo ai lavori; autorizzazioni e concessioni decorrono dall’effettiva disponibilità;
– lo stesso immobile sia in condizioni tali da necessitare interventi di integrale ristrutturazione oppure se l’immobile debba essere demolito o trasformato; le autorizzazioni e le concessioni decorrono ancora dall’effettiva disponibilità dell’immobile,
– il proprietario intenda effettuare sopra-elevazioni in un appartamento posto all’ultimo piano, e la presenza dell’inquilino sia d’ostacolo; le autorizzazioni e le concessioni decorrono dall’effettiva disponibilità’;
(in questi ultimi due casi, se il proprietario dopo i lavori concede nuovamente l’immobile in affitto, il precedente affittuario ha diritto di prelazione coma da art.40 della legge 392/78)
– il conduttore non occupi continuativamente l’immobile senza giustificato motivo, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto;
– il locatore intenda vendere a terzi l’immobile e non abbia altri immobili ad uso abitativo -oltre, eventualmente, alla propria abitazione
(in quest’ultimo caso all’affittuario/conduttore e’ riconosciuto il diritto di prelazione da esercitare nei modi previsti dalla legge, art.38/39 legge 392/78).

Il locatore deve esporre chiaramente uno dei suddetti motivi di disdetta nella comunicazione inviata all’affittuario, e deve adibire l’immobile agli usi per i quali ha esercitato la facoltà di disdetta entro dodici mesi da quanto ne ha riacquistato la disponibilità. In caso contrario l’inquilino ha diritto al ripristino del rapporto di locazione alle stesse condizioni previste nel contratto disdettato oppure, in alternativa, al risarcimento del danno.

RECESSO DELL’INQUILINO/CONDUTTORE PRIMA DELLA SCADENZA
Premettiamo che le parti possono prevedere contrattualmente la facolta’ per l’inquilino/conduttore di rescindere dal contratto in qualsiasi momento, stante il preavviso di sei mesi da inviare per raccomandata a/r.
Se questa clausola mancasse, e se le parti non si trovassero comunque d’accordo sul punto, l’inquilino/conduttore potrebbe recedere anticipatamente dal contratto se non in presenza di un “grave motivo”.
In assenza di motivazioni valide, il contratto andra’ onorato fino alla scadenza.

Definire il “grave motivo” non e’ facile, visto che la legge non lo fa e si deve far riferimento alla giurisprudenza. In termini generali si deve trattare di un motivo legato ad un evento imprevisto, non dipendente in alcun modo dalla volonta’ dell’inquilino, e sopravvenuto dopo la stipula del contratto. Per usare i termini adoperati dai giudici di Cassazione (sentenze 5328/07, 17416/07) i gravi motivi devono essere “involontari, imprevedibili e sopravvenuti”. L’esempio tipico per le locazioni ad uso abitativo e’ quello del soggetto che improvvisamente ed inaspettatamente deve trasferirsi in altra citta’ per motivi di lavoro non dipendenti da una sua scelta.

In tutti i casi l’intenzione di recedere deve essere comunicata al locatore esclusivamente tramite raccomandata A/R e con preavviso di 6 mesi.
In caso contrario il proprietario avra’ diritto a chiedere il rimborso per il danno subito, a meno che si dimostri che il proprietario ha riutilizzare immediatamente l’immobile traendone un vantaggio (riaffittandolo subito o altro).
Se il recesso e’ legato ad un grave motivo esso ovviamente va riportato e documentato, altrimenti (se esso e’ consentito da una clausola contrattuale anche in assenza di una giusta causa) basta comunicare la propria intenzione.

Una volta esercitato, il recesso e’ operativo, e non e’ consentito ritirarlo. Indipendentemente dal momento del rilascio, il canone deve essere pagato fino al sesto mese. Se il termine di 6 mesi non viene rispettato, per non pagare i danni occorre dimostrare il consenso del proprietario: altrimenti, a titolo di risarcimento, si dovra’ corrispondere una cifra pari a 6 mensilita’, rispondendo anche degli eventuali danni alla cosa. Le parti si possono comunque accordarsi per un termine minore.

Nota importante: I “gravi motivi” non valgono nei contratti transitori ad uso abitativo. E’ invece consentito in quelli non-abitativi.

RIVALUTAZIONE DEL CANONE
Il canone di affitto può essere adeguato al variare del costo della vita già dall’anno successivo alla stipula del contratto, e così per ogni anno successivo.

L’indice da utilizzare per l’adeguamento è quello ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (indice FOI).
Per i contratti a canone libero di solito si applica il 100% dell’indice mentre per quelli a canone concordato si applica il 75% dell’indice. Va utilizzato l’indice fissato dall’ISTAT per il mese di scadenza dell’annualita’ (per esempio, se il contratto e’ stato stipulato a Giugno 2008 l’adeguamento va fatto a Giugno 2009 applicando l’indice fissato per questo mese).
Negli affitti a canone libero l’adeguamento e’ applicabile solo se il contratto lo prevede espressamente poiche’ la disposizione di legge che lo rendeva obbligatorio (art.24 legge 392/78, quella detta dell'”equo canone”) e’ stata abrogata dalla legge 431/98 attualmente valida per i contratti di locazione abitativa.
Per i contratti a canone concordato la sua applicabilita’ e’ normalmente prevista direttamente dagli accordi territoriali e i contratti-tipo a cui ci si deve obbligatoriamente attenere contengono una clausola specifica.
Se il contratto prevede l’adeguamento e il proprietario si e’ dimenticato di applicarlo, questi non puo’ chiedere gli arretrati ma puo’ calcolare il nuovo canone applicando tutti insieme gli adeguamenti passati. Cio’ comunque per massimo 10 anni retroattivi (termine di prescrizione ordinaria).
Per conoscere l’indice da applicare ci si puo’ rivolgere ai centri di informazione statistica dell’ISTAT (i CIS) presenti su tutto il territorio nazionale. Alcuni di questi uffici hanno servizi di segreteria telefonica che forniscono gratuitamente 24 ore al giorno il valore dell’ultimo indice FOI. In alternativa si puo’ consultare il sito dell’ISTAT o siti equivalenti.

CLAUSOLE NULLE

E’ nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto registrato, oppure superiore a quanto prefissato in sede di contrattazione delle categorie, per i contratti-tipo.
Al termine del contratto, entro 6 mesi, e’ data all’affittuario la facolta’ di richiedere la restituzione delle somme pagate in piu’ rispetto a quanto stabilito contrattualmente.
Nel caso di contratti-tipo l’affittuario puo’ ottenere dal Giudice la definizione del canone.
Sempre al Giudice ci si puo’ rivolgere nel caso di mera locazione “di fatto” -cioe’ a nero.
E’ nulla anche la pattuizione che tenda a derogare i limiti temporali di durata del contratto.

RILASCIO DELL’IMMOBILE

Una volta che il contratto di affitto viene regolarmente disdetto o comunque se per esso non scatta il rinnovo alla scadenza (tacito o a nuove condizioni che sia), l’immobile dev’essere liberato.
Spesso cio’ non avviene, e in tal caso il proprietario puo’ rivolgersi all’autorita’ giudiziaria.
E’ opportuno anche rivolgersi all’autorita’ giudiziaria anche nei casi in cui si intenda dare sfratto per necessita’ o per morosita’ -o inadempienza- dell’inquilino.

UN CASO PARTICOLARE: LA LOCAZIONE TURISTICA

Come gia’ detto, la legge sulle locazioni (431/98) non si applica alle locazioni che hanno finalita’ turistiche, sia che riguardi un appartamento che l’alloggio in una stanza di albergo (o residence, bungalow, etc.etc.). In questo caso, anche secondo giurisprudenza, si e’ di fronte ad un contratto “atipico” e sono applicabili le generiche disposizioni del codice civile, art.1571 e segg.
Per questi contratti, quindi, non esiste il diritto di recesso, pur se stipulati a distanza o fuori dei locali commerciali del “venditore”, come ribadito anche dal codice del consumo (d.lgs.206/05 art.55).