Compravendita e patti integrativi complessi

Si tratta di un caso non di scuola.

Spesso infatti prima di addivenire all’atto di compravendita, le parti stipulano il contratto preliminare a cui possono essere aggiunte delle scritture integrative.

Ciò è al fine di trovare un accordo su tutti i punti essenziali del contratto medesimo, oltre alle obbligazioni che per interessi personali possono avere una grande rilevanza, sebbene elementi accessori perché non necessari a poter definire valido il contratto.

Questo è proprio il caso affrontato dal Tribunale di Rieti con la sentenza n. 651 del 10 dicembre 2021.

La compravendita complessa con patto integrativo

Trattasi di fattispecie complessa, di cui si riportano le circostanze più rilevanti.

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Nel caso di specie i compratori di un appartamento situato al piano terra ed avente accesso dall’androne e scala, citano in giudizio i venditori al fine di ottenere la loro condanna a ripristinare, per sé ed aventi causa, l’antico accesso dal giardino eliminando mediante chiusura in muratura l’attuale accesso.

Per l’effetto chiedono di condannare i convenuti al risarcimento dei danni subiti oltre alla restituzione degli esborsi sostenuti per la parte dei lavori di consolidamento sostenuti, rifondendo le spese anticipate.

Rilevano che prima dell’atto definitivo di vendita era stata stipulata una scrittura integrativa avente ad oggetto proprio queste obbligazioni.

I convenuti costituendosi rilevano l’infondatezza della domanda, osservando -tra le altre cose- che l’obbligazione in oggetto è nulla per impossibilità dell’oggetto non essendo mai esistito un “antico accesso dal giardino” oltre al fatto che la nullità si rileva anche dalla gratuità dell’obbligo, quindi come donazione priva della forma necessaria.

Inoltre osservano che sussiste un inadempimento degli attori, i quali hanno omesso il trasferimento in favore dei convenuti del locale ripostiglio, previsto per consentire il ripristino dell’accesso dal giardino all’appartamento posto al piano terra.

La causa, istruita con produzioni documentali, interrogatorio formale degli attori, prove testimoniali e CTU, è stata trattenuta in decisione.

La conclusione a cui giunge il giudice è l’accoglimento parziale della domanda degli attori.

Vediamo i passaggi della decisione, evidenziando sin da subito che la stessa -più che evidenziare principi giuridici- è ancorata agli elementi del caso concreto.

Prima casa, pertinenze e accatastamento alla data dell’acquisto

Il contenuto del patto integrativo

Nel caso di specie vi è una scrittura privata con cui le parti hanno precisato che l’atto di compravendita doveva intendersi riferito anche al portico e al “piccolo locale” indicato nella planimetria allegata alla scrittura.

Hanno quindi specificato quanto segue: “[…] i contraenti, avendo ciò convenuto già tra il preliminare ed il rogito ricordato, si impegnano reciprocamente per se e per aventi causa anche per consentire l’annessione esclusiva della scala, non espressamente menzionata nel rogito: il promittente venditore per sé e la sorella a ripristinare l’originario accesso dal giardino (eliminando i due odierni sulle scale) il promittente acquirente a trasferire gratuitamente la proprietà di parte del piccolo locale citato oggi al catasto come “ripostiglio” da accorpare in via definitiva all’appartamento al piano terra oggi locato”.

Queste previsioni sono poi state trasfuse nel successivo atto notarile dove i contraenti ammettono che simili previsioni non sono state riportate nel definitivo per mera dimenticanza.

Sempre nell’ultimo atto riproduttivo viene indicato quanto segue: “I venditori, inoltre, relativamente all’ appartamento al piano terra, avente attualmente accesso dall’androne e scala, si obbligano, per sé ed aventi causa, a ripristinare l’antico accesso dal giardino, eliminando, mediante chiusura in muratura, gli attuali due accessi, al fine di consentire l’annessione, in via esclusiva, dell’androne e della scala, descritti alla lettera D) del precedente articolo 1, all’appartamento al piano primo, descritto alla lettera A) dello stesso articolo 1″.

Si ha quindi la prova del titolo dal quale è derivata l’obbligazione in capo ai convenuti di procedere a ripristinare l’antico accesso dal giardino, con i conseguenti interventi.

Pertinenze, le sentenze in materia

L’eccezione di nullità del patto integrativo

L’eccezione dei convenuti in ordine alla nullità della richiamata clausola per impossibilità della prestazione, in considerazione del fatto che non è mai esistito un “antico accesso dal giardino” all’appartamento e della conseguente impossibilità di ripristinarlo, non può avere rilievo perché l’impossibilità avuta a riferimento dall’art. 1346 c.c. deve qualificarsi come assoluta e deve riferirsi alla prestazione cui le parti avevano interesse, alla luce di una interpretazione teleologicamente orientata del contratto.

Nel caso di specie appare evidente come l’interesse della parte acquirente all’apertura di un accesso dal giardino all’appartamento fosse esclusivamente funzionale ad ottenere la chiusura dei due accessi a tale appartamento presenti nell’androne e nel vano scala divenuti di proprietà degli attori.

Ne consegue l’irrilevanza del dato storico costituito dal fatto che l’accesso dal giardino non fosse mai esistito, rilevando esclusivamente la possibilità materiale e giuridica di procedere all’apertura di tale accesso dal giardino.

Circostanza accertata dal CTU oltre al fatto che non vi è mai stata contestazione a questo proposito da parte dei convenuti.

La responsabilità contrattuale dei convenuti sussisterebbe anche nel caso dell’invocata impossibilità della prestazione, stante il disposto dell’art. 1338 c.c. e considerato che gli stessi non hanno neppure dedotto di essere venuti a conoscenza dell’inesistenza del preesistente accesso dal giardino all’appartamento, che si erano espressamente impegnati a ripristinare, soltanto dopo la stipulazione dei contratti in cui avevano previsto tale obbligo.

Per quanto riguarda l’eccezione in tema donazione, essa è priva di rilievo: le clausole richiamate prevedono uno scambio di obbligazioni tra le parti contraenti, dal momento che a fronte dell’impegno dei venditori (odierni convenuti) alla realizzazione delle operazioni in oggetto è stato espressamente previsto l’impegno degli acquirenti (odierni attori) ad effettuare il trasferimento del locale “ripostiglio” in favore dei venditori.

In merito alle lavorazioni, il giudice rileva che essendosi i convenuti impegnati nella scrittura privata (impegno poi riprodotto nell’atto notarile, ma già validamente assunto con la sottoscrizione della scrittura privata) “per sé e per aventi causa” a realizzare le lavorazioni in oggetto, ed essendo a tale data ancora proprietari dell’immobile cui si riferivano gli accessi da rimuovere e realizzare, non risulta rilevante per escludere la sussistenza del dedotto inadempimento la circostanza che i soggetti che ne sono diventati proprietari successivamente si siano opposti alla realizzazione di tali lavorazioni.

Il fatto che i convenuti abbiano successivamente ceduto a terzi il bene su cui si erano impegnati ad eseguire le lavorazioni, senza prima averle eseguite (e senza neppure prevedere nel contratto di compravendita intervenuto con i terzi l’obbligo di procedere a tali lavorazioni), costituisce inadempimento rilevante ai fini del richiesto risarcimento del danno, risultando invece del tutto inconferente la circostanza che il terzo successivamente divenuto proprietario non abbia acconsentito alla realizzazione di tali lavorazioni.

Inadempimento del patto integrativo e danno risarcibile

Gli attori hanno richiesto il risarcimento del danno emergente e del lucro cessante, individuandoli, in particolare, nella compromissione del proprio diritto a godere in modo esclusivo dell’androne e delle scale, in considerazione dell’insistenza su di essi degli accessi che i convenuti si erano impegnati a chiudere, e nella riduzione del valore del bene acquistato derivante dalla presenza degli indicati accessi all’appartamento.

Per quanto riguarda la prima tipologia di danno lamentata, deve osservarsi che la stessa si configura quale danno-evento (in termini di compromissione di un interesse giuridicamente rilevante degli attori) rispetto alla quale gli stessi non hanno dimostrato, e neppure dedotto, la sussistenza di danni-conseguenza (ossia di concreti pregiudizi alla propria sfera patrimoniale o non patrimoniale derivati dalla dedotta limitazione della facoltà di godimento dell’immobile).

Deve, invece, ritenersi risarcibile la seconda tipologia di danno lamentata, in termini di riduzione del valore di mercato del bene, configurandosi questo danno quale concreto pregiudizio patrimoniale derivante agli attori in termini di riduzione delle possibilità di trarre guadagno dalla successiva eventuale messa in vendita del bene (da ritenersi presuntivamente sussistente, atteso che i beni immobili sono intrinsecamente dotati, oltre che di un valore d’uso, anche di un valore di scambio suscettibile di essere influenzato dalle caratteristiche strutturali del bene).

Questo danno deve essere quantificato nella differenza tra il valore di mercato del bene allo stato attuale e quello che tale bene avrebbe avuto ove si fosse proceduto alla chiusura degli accessi all’appartamento collocati nell’androne e nel vano scala. Trattasi dei valori individuati dal CTU.